Milan-Porto, ecco perché è un ottimo risultato in vista del Derby

Il Bollettino capisce benissimo i tifosi che avrebbero voluto una partita “alla morte”, per arrivare alla vitoria nel girone, unico risutato per tenere vive le speranze di qualificazione agli ottavi di Champions. Ne è uscita, invece, una partita dominata un tempo per parte, che ha scaturito un pareggio giusto, con il Porto che poteva finire il primo tempo con un vantaggio più rotondo e il Milan che ha sfiorato (per centimetri) la vittoria nel finale.

Il calandario non poteva essere più beffardo: la partita decisiva per restare aggrappati a una speranza di qualificazione è arrivata nella settimana del derby. Inevitabile pensare che Stefano Pioli abbia dovuto scegliere tra scavare un fossato ancora più profondo con la “terza in classifica” (come l’ha genialmente definita Paolo Maldini) o riempire quello che separa i rossoneri con il secondo posto del girone di Champions.

Lo si è capito dalla formazione, visto che sono rimasti in panchina Kjear, Kessie, Ibra e Krunic. Con tutta probabilità saranno loro a scendere in campo domenica sera nell’undici iniziale: hanno giocato uno scampolo di partita in Champions giusto per prendere il ritmo e per provare a vincerla. Ma, saggiamente, Pioli ha risparmiato gli ultimi 10 minuti a Rafael Leao, fondamentale in questo momento, anche se questa scelta ha dato il segnale definitivo di essere pronto ad accontentarsi del pareggio.

Ma il primo punto in Champions e la partita nel suo complesso hanno dimostrato che il Milan c’è ed è pronto a giocarsi alla grande la prima delle due sfide decisive – da qui a Natale – che diranno quante chance hanno i rossoneri per giocarsi lo scudetto fino alla fine. La prima è ovviamente è il derby, la seconda lo scontro con il Napoli prima di Natale.

Il Milan contro il Porto è partito male e ha subito per quasi tutto il primo tempo, che si è concluso con sette tiri in porta contro uno soltanto (bel tiro a giro di Olivier Giroud). Nel secondo, complice il Porto che sembrava convinto di aver già archiviato la pratica, i rossoneri hanno reagito, sono diventati più precisi, hanno macinato gioco e non hanno più subito le provocazioni fisiche e tattiche dei portoghesi e hanno sfiorato in più occasioni la vittoria.

Ha ragione Pioli a sostenere che è mancata soprattutto la precisione nelle giocate, che è figlia di scelte sbagliate nel momento decisivo: ma in Champions è vietato sbagliare, perché la Champions è l’università del calcio europeo e gli esami si passano solo se gli errori o le amnesie sono ridotte al minimo.

Avendo rimediato all’imbarcata del primo tempo fino a sfiorare la vittoria, il Milan ha dimostrato di esserci e di essere pronto a sfidare l’Inter per un simbolico passaggio di consegne. La partita con il Porto è diventata così un buon allenamento in vista del derby, soprattutto per mettere chilometri nella gambe di chi (come Diaz) ha bisogno di recuperare. E ha detto che Calabria potrebbe giocare al posto di Theo Hernandez squalificato e Kalulu essere un ottimo frangiflutti sulla destra.

Così come a centrocampo, Pioli ha tre giocatori in ottima forma come Kessie, Tonali (il migliore nel primo tempo contro i portoghesi) e Bennacer. E Ibrahimovic è pronto a tenere sotto pressione i centrali dell’Inter. La reazione del secondo temo è stata quella di una squadra che è in salute, ha superato il momento difficile delle assenze (sono state persino dieci a un certo punto), ha fiato e sta acquisendo sempre più personalità.

Il Milan, non battendo il Porto, ha detto che con tutta probabilità dirà addio alle Coppe europee per questa stagione. Ma allo stesso tempo ha ribadito di essere pronto a dire la sua in campionato.

EDITORIALE “L’Inter non e’ da scudetto”. L’orgoglio di “re leone” Ibra, campione con la testa

Nel calcio moderno per vincere i piedi non bastano. La differenza passa per i neuroni: se il campione ha carattere, personalita’ e non solo tocco raffinato e polmoni la sua squadra ha molto probabilita’ in piu’ di vincere.

Lo dimostra Zlatan Ibrahimovic capace, nel derby, di essere superiore alla difesa interista (che e’ pure la meno battuta del campionato) che gli ha lasciato tre nitide palle gol: sulla prima ha sovrastato Godin, mandando in porta Rebic: sulla seconda ha annebbiato il radar di De Vrij, che pure e’ stato di gran lunga il migliore dei suoi, sulla terza, il palo e’ li’ che ancora balla.

A fine gara, avrebbe potuto scaricare sui compagni, visto che il suo lo aveva fatto in abbondanza. Invece, come e’ successo anche nelle altre gare vinte da quando e’ tornato in Italia, Ibra ha spiegato che quando si e’ giovani e non si ha ancora giocato a certi livelli puo’ succedere. La personalita’ se non ce l’hai puoi anche costruirla con la maturita’ (nello sport succede sempre piu’ spesso). Ma se in campo hai soprattutto giovani puo’ accadere di perdere la trebisonda.

Ma non e’ solo per questo che lo svedese si dimostra il Re Leone che e’. Non solo per come segna e fa segnare o per come guida i giovani milanisti. Ma anche per le cose che dice e la raffinatezza con cui lo dice. “L’Inter non e’ da scudetto” e’ una farse molto meno banale di come possa sembrare a prima vista. E dimostra come Zlatan Ibrahmivoc usi non solo i piedi, ma soprattutto la testa. Vediamo perche’.

Non ha detto che l’Inter non ha meritato. O che il Milan e’ stato sfortunato. Chiunque abbia giocato a pallone a qualsiasi livello e abbia un minimo di onesta’ intellettuale sa che chi esce dal campo con quattro gol subiti non puo’ recriminare e che la fortuna si accoda a chi dimostra piu’ volonta’ di vittoria. Percio’, il campione svedese, a ben guardare, ha detto un’altra cosa: “Questa Inter non puo’ pensare di vincere uno scudetto con il gioco dimostrato oggi, dove non l’ha vista per tutto un tempo e si e’ imposta solo perche’ il Milan ha smesso di giocare con determinazione dopo il primo gol subito”.

L’Inter deve ora giocare con Lazio e Juventus e si capira’ se Ibra ha ragione o meno. Con quel “non e’ da scudetto”, Ibra voleva dire che il MIlan ha giocato a pallone nel primo tempo e fino a quando l’ha fatto l’Inter non e’ esistita. Poi, quando la fragilita’ e l’inesperienza dei giovani rossonero e’ emersa, con un po’ di palloni buttati dentro la partita e’ girata. Ma non perche’ l’Inter ha giocato a calcio, ma perche’ il Milan ha smesso di giocare a pallone. E se succede ne prendi quattro anche dal Pescara.

Nessuno mette in dubbio il fatto che l’Inter abbia meritato. Il giudizio di Ibra e’ raffinato perche’ parla indirettamente della partita guardando avanti. Dopo i tre pareggi in campionato a gennaio, l’Inter si e’ rimessa in rotta. Ma non e’ certo mostrando i limiti di ieri che puo’ vincere lo scudetto: perche’ il sottile messaggio di Ibrahimovic e’ che ieri ha fatto tutto il Milan, prima giocando 45 minuti perfetti, poi lasciando giocare solo l’Inter. L’Inter e’ stato un oggetto, non un soggetto del derby.

Poi e’ chiaro che il tifoso (nerazzurro) si esalti. Anche al Milan e’ capitato di vincere il suo ultimo derby grazie all’Inter che sbaglio’ tutto, rigore compreso. Anche se, sommessamente, vorremmo suggerire a Re Leone Ibra che, talvolta, si vince il campionato anche se non sei da scudetto. Il Milan di Zaccheroni, per esempio, fu una bella favola, ma c’erano squadre piu’ attrezzate. Ma si eliminarono da sole strada facendo e la forza del Milan fu di vincerne sette di fila, nelle ultime sette. Guarda caso c’erano Boban e Maldini assieme….

Derby amaro: i milanisti rivivono ormai da dieci anni “il giorno della marmotta”

Prima o poi il vento fara’ il suo giro e il Milan tornera’ a vincere. Non solo il derby. Tornera’ a essere quella squadra che, per qualche stagione, e’ stata la piu’ titolata del mondo. Ma quel giorno e’ ancora al di la’ da venire. Perche’ il Milan “bifronte” che ha appena perso la stracittadina (perfetta macchina da calcio nel primo tempo, carta velina nel secondo) la dice lunga su quanto sia ancora lontano quel giorno. E i progetti di Elliott si concentrano piu’ che altro su una squadra che riesca ad arrivare in Champions in un paio di anni, ma non oltre. Una gestione tipo Arsenal o United degli americani, ma non oltre.

SE IBRAHIMOVIC NON BASTA

Ma di questo ci sara’ modo di riparlarne. Il Bollettino, per quanto nelle sue possibilita’, vuole ora occuparsi di lenire le delusioni dei tifosi rossoneri. Che sono molte dopo ieri sera. Perche’ se non basta nemmeno chiudere il primo tempo sopra di due reti, con l’Inter che non ha visto ma la palla, se nemmeno la partita perfetta a centrocampo, con tutte le linee di passaggio perfettamente chiuse, se nemmeno Ibrahimovic che surclassa i centraloni nerazzurri è sufficiente, vuole dire che questo Milan e’ condannato a un altro campionato dove l’obiettivo massimo non puo’ che essere l’Europa League.

In realta’, non e’ un problema soltanto di quest’anno. E’ da un decennio ormai che il milanisti rivivono ogni stagione come se fosse il giorno della marmotta. E ci riferiamo al film in cui il protagonista rivive sempre lo stesso giorno, puo’ cambiarne la sceneggiatura, lo spartito e il sotto finale, ma il tutto si risolvera’ risvegliandosi sempre come fosse il mattino prima.

IL MILAN DEI PAPERETTI NON DIVENTA CIGNO

Cosi’ il Milan ricomincia ogni stagione con aspettative di crescita, con una serie di nomi nuovi che vengono presentati come anatroccoli sempre sul punto di diventare possibili cigni ma che rimangono paperetti. Al massimo, qualche volo d’anatra durante la stagione. Ma al momento di spiccare la grande traversata, ritornano goffamente a terra.

E’ capitato anche ieri sera. Un secondo tempo tra l’imbarazzante e l’inesistente ha fatto rientrare in partita una squadra annichilita dai suoi stessi limiti nel primo tempo, reduce da una serie di risultati negativi. Ma che andra’ a vincere lo scudetto perche’ come quello del 2000 di zaccheroniana memoria nessuno lo vuole vincere. E in un campionato di ciapano’, la determinazione, la fisicita’ e la tenuta dei giocatori interisti, unita al determinismo nevrotico di Antono Conte possono portare al titolo. Un campionato che potrebbe decollare non appena Eriksen – unico giocatore da Champions della rosa con De Vrji e Handanovic – entrera’ in forma.

QUANDO CONQUISTEREMO LA BELLA ANDIE

Per il Milan, invece, il ripetersi in loop della marmotta significa che ora ci sara’ la sbandata (si rischia un’altra imbarcata con la Juve), ci vorra’ qualche partita per recuperare la fiducia, magari un tentativo di rimonta, ma il sogno Champions che era alla portata all’intervallo, con 10 punti di distacco ora necessita di un miracolo perche’ si avveri (in realta’ 11 perche’ sara’ impossibile ribaltare il 5 a 0 dell’andata contro l’Atalanta).

I tifosi del Milan rivivranno cosi’ la marmotta, ma alla fine non conquisteranno nemmeno la bella Andie. Perche’ se cosi’ fosse vorrebbe dire che hanno ripreso in mano il lodo destino. Ma perche’ avvenga, occorrerebbe una societa’ stabile, che vuole restare per anni, senza una data di scadenza, non con l’idea di vendere al miglior offerente, una volta ottenuto il via libera dello stadio e riportato il Milan in Europa. Il fondo Elliott va bene per ricostruire le macerie berlusconiane, ma una casa solida non e’ detto che finisca nelle riviste di architettura.

MA IL VENTO FARA’ IL SUO GIRO….

Il Bollettino aveva detto che voleva lenire le ferite, ma qualcuno potrebbe accusarlo si essere stato ben poco consolatorio. Crediamo che per superare la sindrome della marmotta bisogna essere realisti, abbandonare il tifo senza se e senza ma. E prepararsi ad altre giornate di questo tipo. Vediamo invece, sui social, troppe giustificazioni, sforuna, due centimetri di fuorigioco…

Anche il Bollettino qualche settimana fa aveva detto che il Milan avrebbe potuto dire la sua. Perche’ Come Bill Murray abbiamo creduto che conoscendo in anticipo tutti gli errori sarebbe stato possibile rimediare e cambiare il corso degli eventi. Lo credevano anche Boban e Maldini e anche Pioli. Non e’ cosi: il vento fara’ il suo giro e il Milan riprendera’ il suo posto. Ma sul trono, al momento, c’e sempre la marmotta….

Post Scriptum

Dite la verita’: quanto di voi erano tranquill, nonostante il risultato, il gioco e quanto visto sul campo nel primo tempo?

Milan, il caso Rangnick: tutto quello che c’è da sapere sull’allenatore tedesco

I tifosi si sono sulle prime ribellati all’ennesimo ribaltone. Ma piu’ passano le ore e piu’ capiscono che criticare lascia il tempo che trova. Poi bisogna informarsi e capire. E leggendo si capisce perché la figura di Ralf Rangnick, il tecnico che ha fatto la fortuna del Lipsia in Bundesilga, ha piu’ di una caratteristica che lo rende un candidato possibile per la panchina del Milan. E perché il fondo Elliott sta puntando su di lui.

MILANELLO, FINALMENTE SI PIANIFICA A MARZO

Guardiamo alle cose con razionalità. Per la prima volta dopo anni, si comincia a pianificare la stagione successiva in inverno e non a ridosso dell’estate. Quando si possono “prenotare” e non “inseguire” i giocatori. Il che fa una grande differenza e non solo sotto il profilo economico. Infine, non deve stupire che la scelta del nuovo allenatore venga fatta mentre è in corso il campionato e il Milan, sulla carta, e’ ancora in corsa per un posto in Europa. A fare la differenza, come sappiamo, è la Champions: ma il quarto posto è ormai una chimera ed Elliott (e quindi l’ad Ivan Gazidis), avrebbero grandi vantaggi a stare un altro anno fuori dall’Europa, perchè potrebbero costruire una nuova squadra senza dover rispondere del financial fair play.

RANGNICK, UN VISIONARIO ALLA SACCHI

Secondo fonti vicine a Casa Milan chi spinge molto per l’allenatore tedesco sarebbe Ivan Gazidis, che lo vede non solo come un allenatore ma come una sorta di super manager sportivo a cui affidare la rifondazione e che possa dare una impronta molto precisa a tutto il club, dalle giovanili alla prima squadra. Rangnick e’ considerato un “visionario”, ma anche uno degli artefici della rinascita del calcio tedesco, culminato nella generazione che ha dominato il mondiale del 2014.

DALLA FORESTA NERA COME JURGEN KLOPP

Per Rangnick approdare a Milanello sarebbe la chiusura di un cerchio. Arrigo Sacchi e stato uno dei suoi modelli: “Chi ha giocato con lui ne sa di piu’ di qualsiasi insegnante dei corsi per allenatori”, ha detto una volta il mister tedesco originario della Foresta Nera, come Jurgen Klopp.

Piu’ che del calcio totale. e’ un fautore del calcio all’avanguardia. Frutto di allenamenti intensissimi, maniacale studio dei movimenti sincronizzati ma anche “affamato” di qualsiasi novita’ tattica si affacci nel mondo del pallone. Tra l’altra a San Siro si e’ gia’ affacciato quando allenava lo Schalcke 04, affrontando l’Inter fresco reduce dal triplete e rifilando 5 reti (a due) ai nerazzurri, irretiti da una squadra che con un movimento vorticoso fece venire il mal di testa a Zanetti e compagni.

HA SCHIANTATO L’INTER DEL TRIPLETE

Nella sua carriera ha alternato ruoli da allenatore a quelli di direttore tecnico. Quindi perfetto per una ricostruzione, in cui Rangnick – per prendere a prestito un concetto che piace molto nel calcio contemporaneo – potrebbe svoolgere entrambe le fasi. Ma esattamente come fece il suo mentore Sacchi, potrebbe dare una impronta ancora una volta innovativa al Milan nel panorama del calcio europeo. E diventare ancora una volta un modello di avanguardia. Se questo e’ l’obettivo il 61enne del Baden-Wurttemberg potrebbe essere l’uomo giusto.

Moncada, l’uomo nell’ombra dietro le scelte di mercato del Milan

Calciomercato Milan, Boban e Maldini ci mettono la faccia a fanno le trattattive. Ma dietro le scelte dei giocatori c’e’ un uomo nell’ombra. Non stiamo parlando di scegliere Zlatan Ibrahimovic. Quello lo conoscono tutti. Stiamo parlando dei giocatori arrivati per rinforzare la rosa da qui fino al prossimo giuno e ai giovani presi perche’ ritenuti in grado di fare la differenza nei prosimi anni. Sia per costituire l’ossatore del Milan di domani, sia da utilizzare mel caso per il player trading.

Il Bollettino ne aveva gia’ parlato. Ma tutti tendiamo e dimenticarcene. L’uomo nell’ombra di cui parlaimo e’ Goffrey Moncada: e’ un giovane francese (e’ di origine provenzale, di Grasse), poco piu’ che trentenne. Viene dal Monaco, dove era capo scout. Anzi, viene considerato uno dei migliori nel suo campo. Il suo compito? Scovare possibili talenti senza strapagarli. Visionandoli, mandando osservatori, informandosi non solo sulle doti sportive, ma soprattutto incrociando prezzo e prestazioni.

Prendere Mbeppe a 110 milioni sono capaci tutti. Hernandez a 20 milioni meno. Poi c’e’ voluto Maldini, con il suo carisma da grande campione e le sue 5 Champions per convincerlo. Moncada ha “certificato” che Bennacer sarebbe stato il regista perfetto per il Milan: ha 22 anni appena compiuti e puo solo crescere, ma valegia’ molto di piu’ dei 16 milioni pagati all’Empoli.

La “mano” di Moncada si e’ vista molto bene nel mercato di riparazione di gennaio. Con il sostituto di Reina e con il centrale al posto dell’infortunato Duarte. Begovic e’ un portiere di lunga esperienza (anche nella sua Nazionale), Kjear un centrale affidabile e di tutto rispetto. (sesto per presenze assolute nella Nazionale danese). Ancora da giudicare il giovane Saelemaekers: il belga – pur nei pochi minuti in cui e’ sceso in campo contro il Verona – ha gia’ mostrato grande personalita’. E grande voglia di emergere.

Non pensiamo, invece, che il capo scout di Milanello (dice la sua anhe sui giovani) c’entri con l’arrivo di Paqueta’ e Piatek (scelti da Leonardo) ne’ con quello di Leao: il portoghese giocava nel Lille, dove sono gia’ presenti gli uomini di Elliott, avendo rilevato un prestito obbligazionario del presidente del club francese che ne ha cancellato i debiti. In pratica, segnalando Leao come un talente emergentte, Elliott spera di fare un favore al Milan e anche uno a se stessi, tutelando il loro investimento.

Quando si dice che al Milan i pezzi del puzzle stanno andando al loro posto (dallo stadio alla rosa) si intende anche questo: scegliere i giocatori secondo un progetto. I campioni arriveranno, ma prima bisogna ricostruire.

IL COMMENTO (video) Il Milan butta il derby quando Suso sbaglia tutto

La vittoria dell’Inter è meritata. Ma il Milan ha avuto la possibilità di far sua la partita, con un gol che avrebbe colpito l’Inter con le sue stesse armi: un contropiede travolgente. Ma Suso, dopo aver fatto tutto bene, con una cavalcata di 60 metri, sbaglia tutto non passando il pallone a Leao. Eric Cantona sosteneva che nulla gli dava più soddisfazione di una giocata che sorprendeva pubblico e avversari per mettere in condizione il compagni di fare un gol facile….

https://video.repubblica.it/edizione/milano/qui-milan-quella-scelta-di-suso-che-ha-cambiato-tutto/344182/344765

Milan, messaggi a Elliott: Giampaolo non schiera i nuovi, Boban elogia Donnarumma

La scelta di Marco Giampaolo di schierare il Milan dell’anno scorso contro il Verona, lasciando in panchina i sei nuovi acquisti e gli elogi pubblici di Zvone Boban nei confronti di Gigio Donnarumma sono legati da un filo conduttore: un messaggio rivolto alla proprietà. LA REAZIONE DEL MISTER. Sia l’allenatore arrivato dalla Sampdoria, sia l’ex capitano della Croazia – ognuno a suo modo – sono delusi da quanto avvenuto durante la finestra di calciomercato. Giampaolo è arrivato annunciando che avrebbe riproposto anche al Milan il suo 4-3-1-2. Chiedendo, pertanto, un trequartista funzionale al suo modolo. Un giocatore – per come Giampolo intende il modulo – con caratteristiche anche da attaccante. Due i giocatori individuati (non i soli, ma i preferiti): il brasiliano Everton e l’argentino Correa. Ma il loro costo (attorno ai 40-45 milioni) è stato considerato eccessivo dai vertici di Elliott e Giampaolo sta lavorando per trovare nella rosa a disposizione un giocatore con quelle caratteristiche. Ma non lo trova, pur avendo provato nel ruolo Suso, Castillejo, Cahlanoglu e Paquetà. Il fatto che in tre partite – dei nuovi arrivati – abbia schierato solo Bennacer tra i titolari, dimostra che non sia “entusiasta” dei nuovi. In parte li considera riserve (Duarte e Krunic), in parte vuole che si integrino al meglio (Hernandez e Bennacer), in parte non ha capito ancora dove farli giocare (Leao). L’unico che ha chance è Rebic, non a caso entrato contro il Verona nonostante avesse alle spalle solo due allenamenti con i compagni. Non avrà impressionato tecnicamente, ma ha fisico, si è procurato una palla gol, ha costretto il Verona ad abbassarsi molto. In altre parole: non avendo voluto quello che gi è stato chiesto, ora vuole imporsi con il suo gioco per dimostrare di saper fare la differenza. L’ELOGIO A GIGIO. Anche Boban è in qualche modo deluso da Elliott. Si aspettava un supporto diverso, pur sapendo che il fair play finanziario condiziona e non poco le scelte di mercato. Ma di questo passo, tornare ai vertici sarà lungo e complicato, soprattutto se non dovessero arrivare i proventi della Champions nella prossima stagione. Da qui l’elogio a Gigio Donnarumma: “Ha tanta passione, tanto milanismo dentro, nonostante sia così giovane. È uno che ha tanto peso dentro lo spogliatoio”. In pratica, un campione che ne incorona un altro: definendolo un simbolo del Milan, uno degli elementi fondamentali della ricostruzione, Boban blinda il 99. Ben sapendo che Elliott lo avrebbe sacrificato sull’altare del bilancio. Un modo, nemmeno tanto indiretto, per lanciare alla proprietà un messaggio preciso: senza campioni non si torna ai vertici. Se non sarà possibile in tempi brevi rilanciare i ricavi, sarà inevitabile investire.

Milan, i sette motivi per essere fiduciosi in vista del derby (nonostante tutto)

Dopo la partita con il Verona, bisognerebbe spiegare i tanti perché di una squadra che appare ancora confusa. Con un gioco poco brillante e poco veloce. Con giocatori ancora alla ricerca della loro migliore collocazione. E un allenatore “talebano” (come da sua definizione) che prosegue imperterrito sulle sue scelte, con poche concessioni ai tifosi e – diciamolo – al senso pratico. Così come bisognerebbe spiegare (anche se il Bollettino in parte l’ha già fatto) perché i nuovi non possano partire mai titolari (solo Bennacer con il Brescia, ma viene da pensare che sia avvenuto solo perché Biglia era infortunato). O che fine hanno fatto alcuni giocatori di cui non si hanno notizie da tempo, tra infortunati (Bonaventura, Conti, Caldara) e ultimi arrivati (Krunic, Leao, Duarte). Ma siccome appassionati, critici e giornalisti stanno parlando solo di questo, il Bollettino vuole giocare in contropiede e parlare d’altro. E guardare già al derby di sabato prossimo. Perché ci sono almeno sette buoni motivi per non essere così pessimisti come la maggior parte dei tifosi. Vediamoli nel dettaglio. DIFESA AL VERTICE. Assieme all’Inter, il Milan ha la migliore difesa della Serie A, dopo le prime tre giornate. Un solo gol preso e pochissime occasioni concesse (un paio a partita, non di più). Non a caso, l’unica rete è arrivata su calcio da fermo. Altre squadre sono colabrodi (Napoli 7 reti subite, Roma e Atalanta 6) e anche la Juventus non ha la solita solidità difensiva (3 reti subite). E’ vero che con i 3 punti sarebbe meglio privilegiare il gioco d’attacco, perché se vinci uno a zero, fino all’ultimo secondo un gol su ribattone o su autorete lo puoi sempre prendere. Ma è anche vero che le squadre si costruiscono dalla difesa e che se non prendi mai gol come minimo la pareggi. Il derby sarà un test molto interessante, visto che l’Inter ha il terzo attacco del campionato con 7 reti. DONNARUMMA SUPER. Non a caso Giampaolo ha iniziato a ricostruire la squadra proprio dalla difesa, inserendosi nel lavoro già svolto da Gennaro Gattuso: nel corso del 2019, il Milan è la squadra che ha subito meno gol in assoluto della Serie A. Parte del merito va a Gigio Donnarumma: dopo i due errori nel derby dell’anno scorso e con la Sampdoria, il portierone è diventato totalmente affidabile. E’ maturato ed è diventato il “classico” portiere da grande squadra: arrivano pochissimi tiri e su quei tiri bisogna respingere tutto ciò che è parabile. In più compie qualche miracolo (lo ha fatto sia con Udinese che con il Brescia). Non per nulla si è preso stabilmente la Nazionale e in Europa è il numero uno per numero di parate decisive nei cinque principali campionati. HANDICAP CHAMPIONS. Detto che sarebbe meglio esserci in Champions, bisogna almeno cogliere l’opportunità di un’Inter che sarà reduce da una trasferta di Coppa. Avrà solo tre giorni per preparare il Derby, contro i cinque del Milan e qualche tossina in più. Come insegnano i grandi campioni, in un derby non esiste stanchezza e non è possibile che non ci siano gli stimoli giusti. Ma l’assenza di impegni settimanali è un vantaggio che va sfruttato. VANTAGGIO TATTICO. Nelle prime tre giornate, il Milan ha giocato contro tre squadre che si sono chiuse a doppia mandata, difendendo negli ultimi 35 metri e giocando solo in contropiede e menando come solo gli arbitri italiani ormai consentono. Anche Conte predilige un gioco in ripartenza molto veloce e pratico, ma di sicuro non si chiuderà come l’ultima delle provinciali. Giampaolo potrà finalmente disporre un Milan che avrà la possibilità di giocare a campo più aperto. Va da sé che il Milan dovrà viaggiare a una velocità superiore e mettere in campo più chili e centimetri e verticalizzazioni. I giocatori ci sono: Rebic, Hernandez, Bennacer. E’ la loro occasione. VANTAGGIO PSICOLOGICO. Il Milan non ha nulla da perdere. Anzi, per tutti gli osservatori il Derby è gia segnato. Ed assegnato per acclamazione all’Inter. Per cui anche un pareggio verrebbe considerato una vittoria o quanto meno un pronostico sovvertito. Ma per sfruttare a proprio vantaggio la situazione, la squadra deve fare un salto di maturità, entrando in campo da subito mettendo l’Inter di fronte alle proprie convinzioni di essere la più forte traformandole in illusioni. I NUOVI, ARMA A SORPRESA. Il fatto di non aver mai messo in campo dall’inizio i giocatori arrivati in estate, per Giampaolo potrebbe essere l’arma a sorpresa del Milan. Nessuno li ha visti giocare (ad eccezione di Benaccer), Conte probabilmente non se li aspetta e in ogni caso non sa come si integrano con gli altri. Carlo Ancelotti fece giocare Kaka titolare nel suo primo Derby, poche settimane dopo il suo arrivo e andò subito in rete. CABALA E PIATEK BLOCCATO. Negli ultimi 20 anni, il Milan (compresa la gara di ieri) ha vinto solo tre volte a Verona. E’ un campo difficile per i precedenti quasi “innominabili”. Per quello i tre punti valgono di più di qualsiasi critica. Inoltre, da tre anni i rossoneri non vincevano una partita alla ripresa del campionato dopo la sosta delle Nazionali. Sono segnali anche questi. Infine, si è sbloccato Piatek: il rigore non facile da segnare per la pressione che aveva addosso in quel momento. Basta ricordare cosa accadde a Higuain dal momento in cui sbagliò il rigore contro la Juventus. Inoltre, il centravanti polacco ha sfiorato pure la doppietta. Un buon viatico per il Derby: vi immaginate se ci fosse arrivato ancora a secco?

Milan, i sette motivi per essere fiduciosi in vista del derby (nonostante tutto)

Dopo la partita con il Verona, bisognerebbe spiegare i tanti perché di una squadra che appare ancora confusa. Con un gioco poco brillante e poco veloce. Con giocatori ancora alla ricerca della loro migliore collocazione. E un allenatore “talebano” (come da sua definizione) che prosegue imperterrito sulle sue scelte, con poche concessioni ai tifosi e – diciamolo – al senso pratico. Così come bisognerebbe spiegare (anche se il Bollettino in parte l’ha già fatto) perché i nuovi non possano partire mai titolari (solo Bennacer con il Brescia, ma viene da pensare che sia avvenuto solo perché Biglia era infortunato). O che fine hanno fatto alcuni giocatori di cui non si hanno notizie da tempo, tra infortunati (Bonaventura, Conti, Caldara) e ultimi arrivati (Krunic, Leao, Duarte). Ma siccome appassionati, critici e giornalisti stanno parlando solo di questo, il Bollettino vuole giocare in contropiede e parlare d’altro. E guardare già al derby di sabato prossimo. Perché ci sono almeno sette buoni motivi per non essere così pessimisti come la maggior parte dei tifosi. Vediamoli nel dettaglio. DIFESA AL VERTICE. Assieme all’Inter, il Milan ha la migliore difesa della Serie A, dopo le prime tre giornate. Un solo gol preso e pochissime occasioni concesse (un paio a partita, non di più). Non a caso, l’unica rete è arrivata su calcio da fermo. Altre squadre sono colabrodi (Napoli 7 reti subite, Roma e Atalanta 6) e anche la Juventus non ha la solita solidità difensiva (3 reti subite). E’ vero che con i 3 punti sarebbe meglio privilegiare il gioco d’attacco, perché se vinci uno a zero, fino all’ultimo secondo un gol su ribattone o su autorete lo puoi sempre prendere. Ma è anche vero che le squadre si costruiscono dalla difesa e che se non prendi mai gol come minimo la pareggi. Il derby sarà un test molto interessante, visto che l’Inter ha il terzo attacco del campionato con 7 reti. DONNARUMMA SUPER. Non a caso Giampaolo ha iniziato a ricostruire la squadra proprio dalla difesa, inserendosi nel lavoro già svolto da Gennaro Gattuso: nel corso del 2019, il Milan è la squadra che ha subito meno gol in assoluto della Serie A. Parte del merito va a Gigio Donnarumma: dopo i due errori nel derby dell’anno scorso e con la Sampdoria, il portierone è diventato totalmente affidabile. E’ maturato ed è diventato il “classico” portiere da grande squadra: arrivano pochissimi tiri e su quei tiri bisogna respingere tutto ciò che è parabile. In più compie qualche miracolo (lo ha fatto sia con Udinese che con il Brescia). Non per nulla si è preso stabilmente la Nazionale e in Europa è il numero uno per numero di parate decisive nei cinque principali campionati. HANDICAP CHAMPIONS. Detto che sarebbe meglio esserci in Champions, bisogna almeno cogliere l’opportunità di un’Inter che sarà reduce da una trasferta di Coppa. Avrà solo tre giorni per preparare il Derby, contro i cinque del Milan e qualche tossina in più. Come insegnano i grandi campioni, in un derby non esiste stanchezza e non è possibile che non ci siano gli stimoli giusti. Ma l’assenza di impegni settimanali è un vantaggio che va sfruttato. VANTAGGIO TATTICO. Nelle prime tre giornate, il Milan ha giocato contro tre squadre che si sono chiuse a doppia mandata, difendendo negli ultimi 35 metri e giocando solo in contropiede e menando come solo gli arbitri italiani ormai consentono. Anche Conte predilige un gioco in ripartenza molto veloce e pratico, ma di sicuro non si chiuderà come l’ultima delle provinciali. Giampaolo potrà finalmente disporre un Milan che avrà la possibilità di giocare a campo più aperto. Va da sé che il Milan dovrà viaggiare a una velocità superiore e mettere in campo più chili e centimetri e verticalizzazioni. I giocatori ci sono: Rebic, Hernandez, Bennacer. E’ la loro occasione. VANTAGGIO PSICOLOGICO. Il Milan non ha nulla da perdere. Anzi, per tutti gli osservatori il Derby è gia segnato. Ed assegnato per acclamazione all’Inter. Per cui anche un pareggio verrebbe considerato una vittoria o quanto meno un pronostico sovvertito. Ma per sfruttare a proprio vantaggio la situazione, la squadra deve fare un salto di maturità, entrando in campo da subito mettendo l’Inter di fronte alle proprie convinzioni di essere la più forte traformandole in illusioni. I NUOVI, ARMA A SORPRESA. Il fatto di non aver mai messo in campo dall’inizio i giocatori arrivati in estate, per Giampaolo potrebbe essere l’arma a sorpresa del Milan. Nessuno li ha visti giocare (ad eccezione di Benaccer), Conte probabilmente non se li aspetta e in ogni caso non sa come si integrano con gli altri. Carlo Ancelotti fece giocare Kaka titolare nel suo primo Derby, poche settimane dopo il suo arrivo e andò subito in rete. CABALA E PIATEK BLOCCATO. Negli ultimi 20 anni, il Milan (compresa la gara di ieri) ha vinto solo tre volte a Verona. E’ un campo difficile per i precedenti quasi “innominabili”. Per quello i tre punti valgono di più di qualsiasi critica. Inoltre, da tre anni i rossoneri non vincevano una partita alla ripresa del campionato dopo la sosta delle Nazionali. Sono segnali anche questi. Infine, si è sbloccato Piatek: il rigore non facile da segnare per la pressione che aveva addosso in quel momento. Basta ricordare cosa accadde a Higuain dal momento in cui sbagliò il rigore contro la Juventus. Inoltre, il centravanti polacco ha sfiorato pure la doppietta. Un buon viatico per il Derby: vi immaginate se ci fosse arrivato ancora a secco?

Milan, ecco come Giampaolo deve risolvere il rebus Piatek e farlo convivere con Suso e Rebic

L’unica certezza è la seguente: contro il Verona e poi al derby sarà un altro Milan. Non tanto in difesa e a centrocampo, In difesa, ci sarà l’esordio dell’atteso Theo Hernandez sulla  fascia sinistra, mentre a centrocampo l’unico dubbio riguarda chi schierare tra Calhanoglu (favorito al momento) o Paquetà (il vero titolare quando sarà in piena forma e farà meno il “brasiliano”.                                                                                                                                                                                                                                                                                Due caselle libere. Ma fin qui ci sono pochi dubbi sulle scelte di Marco Giampaolo. Dove potrebbero esserci della grandi sorprese è sul fronte dell’attacco. Dovrebbe accomodarsi in panchina Samu Castillejo, per quanto sia nel cuore del mister per il suo grande impegno e lo spirito di adattamento a interpretare qualsiasi ruolo gli venga richiesto. Non c’è più Andre Silva, che aveva giocato da titolare contro il Brescia. Per cui ci sono due caselle libere che devono essere riempite, considerando Suso un titolare, al momento, inamovibile.                                                                                                                                                                                                                                                                                          Meglio il 4321? In realtà, è proprio nel settore offensivo che Giampaolo deve dare il meglio di sè nel far convivere e sfruttare al meglio giocatori che Boban gli hanno messo a disposizione e che non sembrano perfettamente adatti al 4312 che è alla base del suo calcio offensivo. Soprattutto non sembra adatto Piatek, per quanto nel secondo tempo di sabato scorso si sia procurato tre occasioni nitide e solo la bravuta del portiere del Brescia ha impedito che si tramutassero in gol.                                                                                                                                                                                                                                                  Chi gioca titolare davanti?  Secondo l’idea di Giampaolo, il trequartista si deve muovere come un attaccante. Ma a Udine, quando ha schierato Suso non ha funzionato. Molto meglio quando lo spagnolo può partire dal fronte destro e ancora meglio quando va verso il fondo, dove è molto più pericoloso da uomo assist (come si è visto nell’azione del gol di Calhanoglu). Piatek a Udine ha giocato sul fronte sinistro ma si è sfiancato in una partita di grandi corse e di pressing sui difensori, senza mai andare al tiro. Perché Piatek è una prima punta e gioca meglio quando è libero di puntare l’area, meglio ancora quando c’è una seconda punta che gli gira attorno, gli fa fa sponda e lavora per lui per saltare l’uomo e metterlo in condizioni di andare uno contro uno. L’ideale sarebbe Rafael Leao, ma Giampaolo non sembra intenzionato a puntare ancora sul giovane portoghese.                                                                                                                                                                                   I                                                                                                                            Rebic, falso nueve. Rebic è sicuramente il jolly che vedremo spesso titolare. Perché può giocare sia a destra che a sinistra, ma può fare anche il falso nueve. Può giocare da seconda punta, ma anche da prima all’occorrenza. Giampaolo avrà solo da sbizzarirsi. Tra l’altro già contro il Brescia ha dimostrato di saper cambiare schema in corsa, come quando ha spostato Paquetà nel ruolo di trequartista, con il brasiliano che lo ha ripagato con alcune azioni sensazionali, una delle quali conclusa con un palo strepitoso.                                                                                                                                                                                                                                                                                                            Non sarà facile per Giampaolo trovare l’alchimia giusta e la combinazione perfetta tra gli uomini che ha a disposizione. Ma una cosa è certa il tifoso milanista non si annoierà.