Stadio, i tre motivi per cui Milan e Inter potrebbero restare

Sembrava impossibile, avendo il Milan avviato la pratica con il comune di San Donato e l’Inter in trattativa con il comune di Rozzano. Ma, a sorpresa, Milan e Inter potrebbero restare a San Siro ancora a lungo. Dopo aver perso sei anni di tempo, i due club sono sempre più vicini alla decisione finale: entro giugno potrebbero raggiungere l’accordo con il sindaco Beppe Sala: non abbandonare Milano, ristrutturare il Meazza, rimetterlo a nuovo nel giro di un paio d’anni.

Si deciderà a giugno: è quanto stabilito dopo l’incontro di ieri in Comune, tra il presidente del Milan, Paolo Scaroni, l’ad dell’Inter Alessandro Antonello e il sindaco Sala. Ma soprattutto alla presenza del direttore generale di Webuild, Massimo Ferrari: il più importante gruppo di costruzioni italiano ha assicurato tutti sulla possibilità di poter ristrutturare San Siro pur continuando a giocare.

I TRE MOTIVI PER RESTARE A SAN SIRO

Nonostante il Bollettino sia più che favorevole a uno stadio di proprietà del Milan, divorziando dai “nati dopo”, allo stesso modo è convinto da tempo che tutto porterà i due club a restare a San Siro. Per una serie di motivi.

1 Gerry Cardinale è in trattative per la cessione di una quota del club, perché fra poco più di un anno gli scade il prestito che gli ha fatto Elliott per l’acquisizione del club. E avere un accordo definitivo per uno stadio “nuovo” o comunque “rimesso a nuovo” gli permetterebbe di valorizzare il Milan a una cifra più alta dell’1,1 miliardi con cui ha chiuso l’operazione prendendo la maggioranza da Elliott.

2 Anche Elliott non ha più voglia di aspettare per chiudere definitivamente la sua avventura calcistica in Italia.

3 L’Inter ha un esclusiva sui terreni del gruppo Cabassi a Rozzano (scade a fine aprile), ma come ha dichiarato il sindaco Gianni Ferretti, il club non si fa sentire da mesi. Inoltre, a fine campionato scade anche il prestito con il fondo Oaktree da 350 milioni. E il presidente/proprietario Steve Zhang potrebbe avere serie difficoltà a restituire il prestito, ma potrà solo rinnovarlo. A tassi ancora più alti degli attuali, accumulando altro debito. Come potrebbe sostenere la spesa di un nuovo stadio?

MILAN E INTER TROPPO ESOSI?

E’ anche vero che Milan e Inter hanno fatto sapere a Comune e Webuild le loro condizioni. Dai 6-7 mila posti vip, da far pagare a peso d’oro alle aziende per evitare di alzare troppo i prezzi degli altri settori, a un rifacimento totale di servizi di ristorazione e per gli spettatori. Fino a un progetto per gli spazi attorno allo stadio e una quota di sviluppo immobiliare.

Nei prossimi giorni i due club faranno conoscere i dettagli delle richieste e architetti e tecnici di Webuild dovranno presentare entro giugno un progetto di massima. E’ il punto più delicato per il ritorno a San Siro. I motivi per restare ci sono tutti, ma se i club saranno troppo “esosi” dovranno poi avventurarsi in un progetto per due nuovi stadi molto complicati, per motivi finanziari l’Inter e logistici il Milan.

Sportiello, ecco perché (al momento) è il miglior acquisto dell’estate: parate, personalità, rapporto qualità/prezzo

“Al momento, Sportiello è il miglior acquisto della campagna estiva. Di gran lunga…”.

Questo breve commento del Bollettino sull’account Twitter, alla fine della partita vinta contro il Verona, ha scatenato grande dibattito. In larga maggioranza i commenti raccolti sono stati positivi. Così come numerosi sino stati gli apprezzamenti tramite “like”.

Ma ci sono state anche critiche, battute ironiche, qualche insulto, inviti a posare il fiasco o a guardare meglio le partite. Visto l’interesse suscitato (dimostrato dal fatto che il commento era in cima alle tendenze relative a #MilanVerona), il Bollettino vuole spiegare nel dettaglio la sua posizione.

MIGLIORE SIGNIFICA “PRIMO TRA I BUONI”

Prima di affrontare la parte tecnica, manageriale e sportiva, ci vuole una introduzione “letteraria”. Meglio ancora, grammaticale: “migliore” è un comparativo.  Significa solo che (“al momento”) il portiere ex Atalanta si è distinto più degli altri nelle prime cinque partite ufficiali.  

E non vuole assolutamente dire che i dirigenti Milan non ne abbiano fatto una campagna acquisti di qualità (e ci mancava, potendo utilizzare i 70 milioni della cessione di Sandro Tonali). La rosa si è rafforzata e la panchina si è allungata. I “prospetti” arrivati sono tutti interessanti e lo dimostra il fatto che il Milan dopo quattro giornate si è insediato in seconda posizione. Al Bollettino, giusto per fare un primo esempio, piace moltissimo Tijjani Reijnders.

ENTRATO A FREDDO, SUBITO PROTAGONISTA

Allora perché Sportiello dovrebbe essere il “miglior acquisto”. Fondamentalmente, per due motivi. Il primo riguarda la prestazione. E’ vero che finora ha giocato solo una partita di campionato, più uno scampolo dalla sfida con il Newcastle. Ma in Champions ha salvato il risultato con una parata che in condizioni normali non sarebbe stata complicata. E non era poi così facile, dopo essere entrato a freddo, in un momento molto delicato dell’incontro. Immaginiamoci cosa sarebbe accaduto se il Milan fosse uscito sconfitta dalla squadra inglese, dopo la batosta del derby.

Contro il Verona è stato protagonista assieme a Leao. Il portoghese ha segnato (il suo terzo gol consecutivo), Sportiello ha messo in cassaforte il risultato con una super parata e altri 2-3 interventi di livello, sicuro nelle uscite, apprezzabile nell’impostazione con i piedi.

OTTIMO RAPPORTO QUALITA’/PREZZO

Ma è proprio quello che deve fare un portiere: dare sicurezza alla squadra, prendere tutto quello che un portiere di livello deve prendere, saper guardare il gioco e comandare la difesa. Caratteristiche che Ciprian Tatarasanu (che mai smetteremo di ringraziare per il rigore parato a Lautaro nel derby d’andata nell’anno dello scudetto) non ha dimostrato di avere.

In pratica, con Sportiello il Milan ha trovato molto più di un secondo portiere. E Pioli sa che per quanto sia di classe superiore, Mike Maignan può recuperare dal suo infortunio senza forzare. E tutto questo con un ottimo rapporto qualità/prezzo, visto che Sportiello è arrivato da svincolato. Mentre tutti gli altri acquisti estivi del Milan sono costati tra 15 e 20 milioni.

CENTROCAMPO FORTE, MA PIOLI CONFUSO

Poi c’è l’aspetto tecnico/sportivo. Per la peculiarità del suo ruolo, per Sportiello è più facile imporsi. Come detto, deve parare, dare sicurezza e giocare con i piedi in sicurezza. Per tutti gli altri, la prestazione dipende anche da come il mister dispone la squadra, dai cambi, dal gioco corale, dal confronto talvolta molto fisico con gli avversari.

Ma dopo la batosta nel derby, Stefano Pioli non sembra avere le idee del tutto chiare. Ha cambiato già tre volte il modulo, il tipo di difesa, gli esterni. E dovrà farlo una quarta volta, a causa dell’infortunio di Rade Krunic. Difficile trovare continuità. E’ il caso di Christian Pulisic, partito fortissimo nelle prime due partite, poi si è un po’ perso. Reijnders deve trovare la posizione, perché non è un incursore. Ruben Loftus-Cheeck alterna giocate prorompenti a momenti meno convincenti.

E sono sicuramente i tre giocatori di maggiore qualità. La gara con il Verona ha mostrato anche le qualità di Yanus Musah, motorino instancabile vero jolly della mediana. Ma non ancora determinante. Mentre Samuel Chukwaeze ha potenzialità, ma non è ancora convincente.

Se questo è il quadro, è ovvio che (“al momento”) Sportiello è stato il più convincente. Il “miglior acquisto” che si poteva fare.

Milan, ecco come è andato il colloquio tra Ibra e Pioli a Milanello?

Prima precisazione da parte del Milan: la visita di Zlatan Ibrahimovic a Milanello era già prevista, ma doveva avvenire prima del Derby. Seconda precisazione: al momento, non è previsto nessun ruolo di Ibra nel club rossonero. In sostanza, si trattato solo di una visita di cortesia.

Ma è proprio così? Non è stato invece un riavvicinamento del campione rossonero, lui che è stato uno dei fattori determinanti per la vittoria dello scudetto con il quale il Milan ha pareggiato le vittorie dei cugini in campionato solo pochi mesi fa? E non è stato un errore di comunicazione e di immagine riprendere Ibra con Pioli, visto che le immagini tv e le foto hanno fatto il giro del calcio che conta, alla vigilia del primo turno di Champions, il torneo più seguito al mondo?

MA PIOLI E’ STATO COMMISSARIATO?

Diamo per buono che la visita di Ibra a Milanello non sia stata improvvisato all’indomani della “manita” nel Derby più triste della storia dei rossoneri. Si tratta della debacle che pareggia definitivamente i conti con il 6 a 0 del 2001. Con una differenza: per paradosso, in quella occasione l’Inter combattè palla su palla, continuò ad attaccare con grinta. Il Milan, invece, ha apposto una resistenza da carta velina.

Dato per buono che Ibra doveva incontrare gli ex compagni prima de derby, perché confermare un appuntamento rimandato, all’indomani della disfatta maturata a San Siro? Non è venuto in mente a nessuno che la visita sarebbe stata letta come un “commissariamento” di Pioli, incapace di mettere “una volta una” in difficoltà il collega Inzaghi nelle ultime cinque edizioni del derby? Ma a volte le cose accadono e diventa poi difficile fermarle….

UN ALLENATORE IN STATO CONFUSIONALE

Quelle immagini del dialogo tra Ibra, sereno e distaccato, e un Pioli con addosso ancora i segni della sconfitta per ko (e non certo ai punti) giocano in tutto e per tutto in favore dello svedese. Come se fosse stato chiamato al capezzale di un allenatore ancora in stato confusionale (“abbiamo dominato i primi sette minuti”).

Fin qui le cose tutto sommato credibili e certe. Con qualche buon consiglio da bravo fratello maggiore. Poi possiamo immaginarci il dialogo. Con il suo carisma e la sua esperienza, Ibra può anche aver spiegato a Pioli che va bene crederci sempre, ma che talvolta si può anche giocare con umiltà. E che talvolta va bene anche uno zero a zero, lasciando alla chiacchiere da bar decidere chi ha vinto ai punti.

INZAGHI HA IMPARATO DALLA SUA PRESUNZIONE

Anche il Milan ha approfittato della superbia di Inzaghi, quando due anni fa – convinto di aver vinto – ha cambiato mezza squadra, consentendo la doppia rimonta con i gol di Giroud. Per poi andare davanti alle telecamere sostenendo di aver “dominato per 70 minuti”. Ma la bellezza del “giuoco” del calcio e la sua popolarità, rispetto ad altri sport, è la possibilità di vincere all’ultimo minuto nell’unico tiro in porta. Figuriamoci non capirci nulla per venti minuti. O per ottantatre. Chi se lo scorda, la paga pesantemente.

IL DONO DEGLI DEI DEL CALCIO

Negli ultimi cinque derby, Pioli pare non aver riflettuto su questa lezione e sul dono ricevuto dagli Dei del calcio, che hanno punito la superbia del mister piacentino, sfilandogli uno scudetto quasi vinto prima di Bologna. Inzaghi, invece, da quella volta ha imparato la lezione e archiviato il derby dello straripante Leao ha giocato solo per bloccare il campione portoghese e bloccare la squadra nella sua metacampo per puntare tutto sul punto in assoluto più debole del Milan: il campo sempre lasciato aperto davanti a Mike Maignan.

Ecco, Ibra può aver spiegato tutto questo a Pioli. Che perlomeno nella conferenza stampa prima della partita con il Newcastle (dove il destino gli mette di fronte Sandro Tonali uno dei protagonisti prediletti e non dimenticati dello scudetto), ha fatto ammenda. Se dopo il derby ha dichiarato stizzito che non doveva chiedere scusa a nessuno, prima del Newcastle ha ammesso che deve tutto ai tifosi.

PIOLI SI SALVA CON LA SECONDA STELLA

Purtroppo per lui, al di là che siano o vere o meno le indiscrezioni sul fatto che Gerry Cardinale lo avrebbe fatto saltare dopo la batosta del derby, Pioli ha solo una possibilità per salvare la panchina: vincere la seconda stella. Ma al Bollettino, al momento, potrebbe bastare una vittoria con il Newcastle

Milan, chi ha sbagliato con Pioli: Maldini che ha rinnovato o Furlani che ha confermato?

Il Bollettino vuole dirlo senza tanti giri di parole: per guadagnarsi la conferma dopo il disastro del quinto derby consecutivo perso senza mai essere in partita, Stefano Pioli non ha che due possibilità. La prima è la migliore: vincere la seconda stella. La seconda più complessa e comunque potrebbe non bastare a salvare la sua panchina: arrivare più lontano dell’Inter in Champions, e non vedere Inzaghi e compagni vincere il campionato.

Non ci sono altre possibilità per l’allenatore di Parma. Per sua fortuna, la “manita” nel derby è arrivata solo alla quarta giornata. Di Fatto, Pioli ha tempo e possibilità per rifarsi. In campionato, sulla carta, può arrivare fino alla fine, come si è visto nelle prime tre giornate: ha gli uomini per fare la differenza e deve guardarsi solo da Allegri e Mourinho (nel caso in cui abbia a disposizione Lukaku e Dybala). Oltre che da Inzaghi, che lo frega sempre allo stesso modo: l’hanno capito tutti, tranne lui, che dovrebbe stare coperto e vincere come ha fatto con Spalletti due volte: pullman e palla a Leao e Giroud.

In Champions si gioca a campo aperto e il girone sulla carta complicato potrebbe esaltare il gioco verticale di Pioli e un solista con il campione portoghese. Oltre alle frecce di cui dispone sulle fasce, da Theo a Okafor, da Chukawueze a Pulisic. Del resto, Newcastle e Borussia sono montagne scalabili e il Psg le ha prese anche dal Nizza. Certo, a patto di essere accorti e non lasciare una metà campo intera agli avversari.

Tutto questo sulla carta. Purtroppo, ci sono partite che lasciano il segno e diventano emblematiche. Al limite, della mitologia. Il 5-1 appena subito equivale al 6 a 0 subito dagli interisti ventidue anni fa. Lo pareggia e lo supera con la forza dell’attualità. Come se non bastasse, è arrivato dopo quattro sconfitte consecutive, tutte in fotocopia: per la superiorità tattica, caratteriale e sportiva dei nerazzurri.

Per questo, solo con la conquista della seconda stella Pioli potrebbe riscattarsi e tornare “Pioli on fire”, perché al momento è soltanto “Pioli fired”. E data la solidità dell’Inter, appare veramente complicato, al limite del miracoloso, che Pioli possa essere riconfermato.

Alla fine di questo lungo ragionamento si può arrivare alla domanda delle domande: ma chi ha sbagliato a tenere Pioli ancora, Paolo Maldini che ha convinto i dirigenti del Milan e prolungargli il contratto in scadenza nel 2023 al 2025, o Giorgio Furlani che non ha voluto ascoltare chi gli suggeriva di trovare un altro allenatore dopo il “fallimentare” campionato scorso, concluso con una umiliante doppia sconfitta nella semifinale di Champions e un quinto posto?

Per il Bollettino non ci sono dubbi? Per quanto Maldini abbia anche lui peccato, non ci sono dubbi che il giovane manager già alle dipendenze di Elliott sia maggiormente responsabile. E non solo perché l’ultimo che commette l’errore, in ordine di tempo, ha più colpe.

Paolo Maldini ha sicuramente le sue responsabilità. Perché non era convinto. E perché, in cuor suo, sapeva che il finale del campionato 2022 era frutto di una congiunzione astrale: l’Inter che si suicida nel derby di ritorno e a Bologna, la presenza di Ibra nello spogliatoio, un Leao stratosferico. Il portoghese procura il pareggio a Roma con la Lazio, decide la sfida con la Fiorentina e con l’Atalanta, manda in porta Giroud e Kessie con il Sassuolo.

Del resto, fonti autorevoli consultate dal Bollettino, assicurano che nel caso in cui il fondo Investcorp avesse convinto Elliott a vendere Pioli sarebbe stato sostituito (con tutta probabilità da Antonio Conte) e Maldini sarebbe stato plenipotenziario. Più difficile dimostrare che Pioli – cosa comprensibile dal suo punto di vista – non abbia gradito e abbia “snobbato” i nuovi arrivi della scorsa campagna acquisti, non mettendoli in condizione di rendere al meglio, da De Kaetelaere a Vranckx. E anche lo stesso Thaw, ora titolare inamovibile, non si era mai visto finché non si è infortunato Simon Kjear.

Maldini lo ha comunque rinnovato (con il placet della società). Ma anche la nuova dirigenza, una volta licenziato il capitano delle cinque Champions, avrebbe avuto la possibilità di scegliere un nuovo allenatore tra gli emergenti. Magari il bravissimo Roberto De Zerbi ormai costa troppo, ma non mancano emergenti su cui sommettere, se si vuole un gioco spettacolare.

Di più: gli è stata data carta bianca nello scegliere giocatori adatti al gioco che Pioli ha in mente, verticale e di gamba europeo. Anche a costo di sacrificare “la bandiere delle bandiere” quel Sandro Tonali che si era ridotto l’ingaggio pur di rimanere nella squadra per cui tifa da bambino e di cui avrebbe potuto diventare una colonna e capitano per un decennio.

Fa strano affermarlo e scriverlo, ma il derby arrivata alla quarta giornata mette tutta la stagione su un solo binario: o Pioli vince la seconda stella o sa già che il suo Destino è segnato.

Siccome il Bollettino ha il biglietto per assistere all’esordio del Milan in Champions non vuole nemmeno pensare che tutto precipiti prima. E sarebbe immensamente felice di festeggiare la seconda stella in giro per Milano. Ma vie di mezzo non ce ne saranno.

Milan, ecco perché il mercato è bloccato: senza cessioni, il “tesoretto” è finito


Dopo i fuochi di artificio in serie, una pausa in attesa del gran finale. Sempre che ci sia. Il Milan del nuovo corso Furlani-Moncada (subentrati ai vertici della società dopo la defenestrazione della coppia Maldini-Massara), hanno stupito i tifosi con “8 acquisti 8”. Di fatto, rivoltando la squadra dalla cintola in su.

Ingaggiando giocatori su indicazione per buona parte di Stefano Pioli, in parte su indirizzo di Gerry Cardinale: entrambi vogliono un Milan che dia spettacolo, che sia fisico, di gamba europea (per stare al passo con le squadre di Premier), votato al gioco offensivo.

Il campo dirà se sono stati scelti bene e se l’amalgama è stato impastato bene dal punto di vista tattico. Ma per l’avvio del campionato mancano ancora due settimane e per la fine della sessione di mercato ancora tre.

C’è tempo per altre operazioni. Ma già oggi una cosa è certa: senza ulteriori cessioni, il mercato del Milan si ferma qui. E per quale motivo? Perché il budget a disposizione è finito. Quindi, le entrate devono essere finanziate da nuove uscite.

Facciamo due conti: 35-40 milioni erano stati messi a disposizione grazie alla stagione Champions, più 70 milioni della cessione di Tonali. I giocatori in entrata hanno un costo attorno ai 115 milioni (non abbiamo conteggiato i bonus, una decina per Tonali e una ventina in uscita).

Come si vede siamo già oltre. Bisogna quindi attendere le cessioni di Krunic, Origi, Ballo-Touré, Adli, Messias per scegliere tra un terzino sinistro, un centrale e un altro centrocampista. CDK per quest’anno vale solo 3 milioni (ma ne parleremo più avanti, quando l’operazione sarà conclusa).

Ci sarebbe lezione prestito. Ma in questi anni si è visto come sia sempre un incognita: se giocano bene, come Diaz, tornano alla base, se giocano poco vuol dire che non hanno convinto.

Stay tuned and wait!

Milan: è giusto che la società non protesti mai contro gli “errori” arbitrali?

Per una volta il Bollettino non vuole dire la sua, ma coinvolgere chi segue le nostre cronache e sottoporre loro un quesito. Che è molto semplice: è giusto che la società non protesti mai per le decisioni arbitrali, anche quando sono palesemente ingiuste?

Come noto, da quando Elliott è arrivato a controllare il club rossonero ha imposto alcuni codici di comportamento. Uno di questi è la lealtà sportiva: ci si contiene in campo (ai limiti del possibile) ma soprattutto non si protesta come club nel dopo partita. Al massimo sono i giocatori o l’allenatore Stefano Pioli a dire la loro. Ma sempre evitando polemiche, toni concitati, lamentele e tutto l’armamentario che contraddistingue altri club e altri allenatori della Serie A.

Lo si è visto nel dopo partita di Milan-Chelsea: Sandro Tonali si è limitato a una battuta (“Non possiamo scegliere gli arbitri, questi ci mandano”), mentre Pioli è stato un po’ più diretto raccontando di aver detto all’arbitro cosa pensava dell’episodio che ha deciso la partita.

Diverso, come detto, l’atteggiamento di altri club, anche in Europa. Come nel caso di Inter-Barcellona dove la società catalana aveva pensato di presentare un esposto all’Uefa. O di altri dirigenti della Serie A che al primo errore chiedono subito di essere tutelati.

Unica eccezione da parte del Milan, le dichiarazioni di Paolo Maldini dopo Milan-Spezia (gol annullato a Messias) quando ha chiesto arbitri esperti e non esordienti. E dopo Milan-Udinese, dopo il gol di braccio di Udogie: “ll VAR dovrebbe togliere i dubbi, usato così fa male perché non è la prima volta. È un episodio evidente, chi decide deve capire di calcio”.

Il Bollettino avvia il dibattito sostenendo di essere d’accordo con la politica di evitare il più possibile le polemiche, visto che in Italia ce ne sono anche fin troppe e non permettono di parlare di calcio giocato e di come migliorarlo (due mondiali senza essere qualificati, solo il 35% di italiani in rosa in Serie A, ancora meno tra i titolari). Ma ci si limita sempre e soltanto ai singoli episodi, ammantandoli di chissà quali complotti dei poteri forti verso questa o quella squadra.

Diverso il dibattito su come utilizzare al meglio la Var o sul “metro” con cui si arbitra che dovrebbe essere il più possibile uniforme. Per esempio, in Europa si sta esagerando con il lasciar giocare, trasformando il calcio sempre di più in uno sport per giocatori alti almeno da 1,85 e sempre più di contatto

Milan: per tornare grande, Cardinale deve “spendere” e non seguire Elliott

Assenze e decisioni cervellottiche di un arbitro possono essere essere una spiegazione per le due partite disputate in una settimana contro il Chelsea. Ma non una giustificazione: con cinque gol al passivo e nessuna rete segnata, il Milan ha dimostrato di non essere ancora all’altezza dei club europei più importanti. A Londra ha sbagliato completamente partita, a Milano ha giocato alla pari per un quarto d’ora, ma alla prima occasione i Blues hanno colpito. E fa specie che a sbagliare sia uno dei protagonisti dello scorso campionato e della volata scudetto: perché è vero che il rigore è un assurdità – e il rosso la sua (il)logica conseguenza – ma Fikayo Tomori i si fa aggirare da Mount, così come si era perso Aubameyang all’andata.

Tomori è proprio il perfetto esempio di un Milan protagonista in Serie A (terzo nonostante le assenze, sconfitto immeritatamente solo dal Napoli) e con il tricolore sulla maglia, mentre in Europa colleziona ancora una volta due sconfitte su due contro squadre di Premier. Tomori fa la differenza in Italia, come si è visto nella netta vittoria contro la Juventus, ma non in Europa: bene quando deve difendere in campo aperto, negli uno contro uno, ma non contro una squadra che manovra e che cerca di passare con l’aggiramento dell’avversario. Da quel punto di vista molto più ordinato Matteo Gabbia, superiore Pierre Kalulu. Può essere che l’inglese stia pensando forse troppo a mettersi in mostra per i Mondiali: l’aver passato in panchina le ultime partite in Nazionale potrebbe averlo condizionato.

La qualificazione è ancora ampiamente alla sua portata, ma il Milan sarà costretto ad affrontare il sorteggio da seconda e la sua corsa potrebbe seriamente finire ai sedicesimi: un passo avanti rispetto all’anno scorso, ma una delusione per come si erano messe le cose dopo le prime due giornate.

Ad ogni modo, anche se non sappiamo come sarebbe finita la partita in undici contro undici, la sensazione rimane: il MIlan dei “giovani” sta sicuramente accumulando esperienze importanti ma la rincorsa al gruppo delle migliori in Europa è ancora lunga. Del resto, se ci pensate, rispetto all’anno scorso, i rossoneri tra i titolari hanno una sola pedina in più, Charles De Ketelaere: un ragazzo di 21 anni che va aspettato e fatto crescere, in arrivo dal campionato belga. Che al Bruges spaziava su tutto l’arco dell’attacco e qui si ritrova nei meccanismo precisi di Pioli, al servizio della squadra, di Rafael Leao e di Olivier Giroud.

E questo ci porta all’inizio: se Gerry Cardinale, come ha detto, vuole risvegliare il gigante MIlan e lo vuole fare in tempi rapidi, deve mettere da parte la politica dei piccoli passi e dei grandi risparmi di Elliott. Perché il fondo americano dei Singer ha rimesso i conti in ordine e ha vinto uno scudetto, ma non ha creato un club al passo con i migliori in Europa.

Del resto, la squadra per ora ha tre campioni (Mike Maignan, Theo Hernandez e Rafa Leao) e mezzo (Sandro Tonali). Poi ha due giovane molto promettenti (Kalulu e Cdk), una paio di buoni giocatori (da Ismail Bennacer ad Ante Rebic) e campioni sul viale del tramonto (Zlatan Ibrahimovic e Olivier Giroud).

Per la Champions, dove sono i dettagli che indirizzano le partite e viene punito a ogni errore, non è sufficiente. Basta e avanza per la Serie A, ma la politica dei giovani presi quando il loro ingaggio è ancora basso richiede tempo e la fortuna di incocciare in giocatori come Tonali che sanno maturare in una sola stagione.

L’alternativa è investire sulla qualità di chi ha già dimostrato le sue potenzialità. Ma per farlo occorre spendere. Tra l’altro il Milan ha tutto per fare spettacolo e attirare sponsor: il pubblico, le grandi vittorie, i tanti tifosi in giro per il mondo, una tradizione di formazioni che hanno fatto la Storia di questo sport, da Rocco a Sacchi e Ancelotti, passando per Liedholm e Capello, ma anche con il trio Zaccheroni, Allegri e Pioli.

Cardinale decida cosa vuole fare e lo scelga presto: per il passo successivo serve, per esempio, un centravanti che trascini la squadra a suon di gol (emblematico il gol di testa sbagliato da Giroud, che pure rimarrà per sempre l’eroe del derby), un altro esterno dal passo e fisico europeo, un grande difensore che guidi la difesa e i giovani che già ci sono. Tutto questo costa. Se, invece, anche per Cardinale vale il precetto di Elliott per cui si cresce solo quando saranno aumenteranno adeguatamente i ricavi, si sappia che in Champions ci sarà da soffrire per molti anni ancora. Anche solo per arrivare afli ottavi.

Milan, chi critica De Ketelaere non capisce di calcio e non ha memoria (Kalulu, Tonali, Leao…)

Il Bollettino lo vuole dire “dritto per dritto”: chi critica Charles De Ketelaere (da qui in avanti CdK) non capisce di calcio. E non ha memoria di quanto accaduto al Milan in questi anni, dove sono stati presi giovani promettenti, sono stati aspettati, senza bocciarli per qualche errore o per la difficoltà di adattamento.

Partiamo dal talento belga. Se Stefano Pioli – sempre molto attento a lanciare giovani con il rischio di sottoporli a critiche eccessive e metterli sotto pressione – l’ha promosso subito a titolare ci sarà un motivo: perché lo vede pronto. E non solo per giustificare i 35 milioni spesi e coprire un ruolo che l’anno scorso non aveva un vero e proprio “padrone”.

E CdK l’ha ripagato: se guardare le classifiche, il belga è primo per numero di occasioni pericolose create tra i centrocampisti della Serie A. Non ha segnato, ma anche Platini il primo anno fece solo 4 gol. Ma non è così che si giudicano i giocatori. Ma per “l’altruismo, il coraggio e per la fantasia”: l’ha scritto Francesco De Gregori ma lo diceva anche un grande come Eric Cantona, che in un bellissimo fil di Ken Loach – dove fa stesso – ricorda come gli desse più soddisfazione mandare un compagni in porta più che segnare.

E Cdk ha fatto assist che hanno messo compagni davanti alla porta, fa giocate che vede solo lui e lo fa con grande eleganza. E si impegna sempre tantissimo, sempre rispettando le indicazioni del mister e giocando per la squadra: lo ha fatto anche nei minuti che Pioli gli ha concesso contro la Juventus.

Ci si aspetta di più da lui? Non c’è dubbio, per uno con le sue qualità. Ci si aspettano gol, magari nei momenti difficili i complicati delle partite. O azioni che rimangono nella memoria collettiva. Ma ha finora disputato solo 10 partite ufficiali, di fatto sbagliandone una sola. Quella contro il Chelsea, dove non ha certo brillato il resto della squadra. Ed era anche uno dei giocatori che è stato marcato a uomo.

Ma il Bollettino ha usato per CdK lo stesso titoli di due anni fa per Sandro Tonali: anche allora scrivemmo che chi contesta il giovane lodigiano non capisce di calcio. Lo ricordiamo non per farci dare ragione, ma perché così stavano le cose. Il Milan, Maldini, Pioli (non Elliott che non voleva riscattarlo) lo hanno aspettato dopo una prima stagione poco brillante. Ma le qualità si vedevano e aveva 20 anni. CdK ne ha 21 ed è nel giro della Nazionale belga. Che non è proprio l’ultima (ha già fatto gol anche all’Italia, a proposito).

E che dire di Rafael Leao? Per due anni grandissime giocate e lunghissimi periodi di letargo calcistico. Poi, l’anno scorso, l’esplosione: ma il talento c’era tutto e si vedeva. E Pierre Kalulu, diventato uno dei migliori difensori della Serie A? Nelle prime partite ha commesso qualche errore, che per un difensore possono anche significare regalare un gol. Ma quando il Milan lo ingaggio, L’Equipe scrisse che “dall’estero vengono a portarci via i giovani talenti”.

Cosa scriveremmo se il Milan non li avesse aspettati?

Milan, chi critica De Ketelaere non capisce di calcio e non ha memoria (Kalulu, Tonali, Leao…)

Il Bollettino lo vuole dire “dritto per dritto”: chi critica Charles De Ketelaere (da qui in avanti CdK) non capisce di calcio. E non ha memoria di quanto accaduto al Milan in questi anni, dove sono stati presi giovani promettenti, sono stati aspettati, senza bocciarli per qualche errore o per la difficoltà di adattamento.

Partiamo dal talento belga. Se Stefano Pioli – sempre molto attento a lanciare giovani con il rischio di sottoporli a critiche eccessive e metterli sotto pressione – l’ha promosso subito a titolare ci sarà un motivo: perché lo vede pronto. E non solo per giustificare i 35 milioni spesi e coprire un ruolo che l’anno scorso non aveva un vero e proprio “padrone”.

E CdK l’ha ripagato: se guardare le classifiche, il belga è primo per numero di occasioni pericolose create tra i centrocampisti della Serie A. Non ha segnato, ma anche Platini il primo anno fece solo 4 gol. Ma non è così che si giudicano i giocatori. Ma per “l’altruismo, il coraggio e per la fantasia”: l’ha scritto Francesco De Gregori ma lo diceva anche un grande come Eric Cantona, che in un bellissimo fil di Ken Loach – dove fa stesso – ricorda come gli desse più soddisfazione mandare un compagni in porta più che segnare.

E Cdk ha fatto assist che hanno messo compagni davanti alla porta, fa giocate che vede solo lui e lo fa con grande eleganza. E si impegna sempre tantissimo, sempre rispettando le indicazioni del mister e giocando per la squadra: lo ha fatto anche nei minuti che Pioli gli ha concesso contro la Juventus.

Ci si aspetta di più da lui? Non c’è dubbio, per uno con le sue qualità. Ci si aspettano gol, magari nei momenti difficili i complicati delle partite. O azioni che rimangono nella memoria collettiva. Ma ha finora disputato solo 10 partite ufficiali, di fatto sbagliandone una sola. Quella contro il Chelsea, dove non ha certo brillato il resto della squadra. Ed era anche uno dei giocatori che è stato marcato a uomo.

Ma il Bollettino ha usato per CdK lo stesso titoli di due anni fa per Sandro Tonali: anche allora scrivemmo che chi contesta il giovane lodigiano non capisce di calcio. Lo ricordiamo non per farci dare ragione, ma perché così stavano le cose. Il Milan, Maldini, Pioli (non Elliott che non voleva riscattarlo) lo hanno aspettato dopo una prima stagione poco brillante. Ma le qualità si vedevano e aveva 20 anni. CdK ne ha 21 ed è nel giro della Nazionale belga. Che non è proprio l’ultima (ha già fatto gol anche all’Italia, a proposito).

E che dire di Rafael Leao? Per due anni grandissime giocate e lunghissimi periodi di letargo calcistico. Poi, l’anno scorso, l’esplosione: ma il talento c’era tutto e si vedeva. E Pierre Kalulu, diventato uno dei migliori difensori della Serie A? Nelle prime partite ha commesso qualche errore, che per un difensore possono anche significare regalare un gol. Ma quando il Milan lo ingaggio, L’Equipe scrisse che “dall’estero vengono a portarci via i giovani talenti”.

Cosa scriveremmo se il Milan non li avesse aspettati?

Milan-Juventus: ecco le tre mosse con cui Pioli ha “azzerato” Allegri

Stefano Pioli è un allenatore – e probabilmente anche una persona – che deve sbattere la testa contro un muro quando prima retrocedere dalla sue convinzioni sbaggliate. Ma dopo che si fa male, ha l’umiltà di guardarsi allo specchio e ammettere di aver sbagliato tutto o quasi. A questo punto ha il coraggio di cambiare strada.

Stefano Pioli l’ha fatto, ancora una volta, dopo Chelsea-Milan. Ha puntato sugli stessi uomini che avevano battuto in modo rocambolesco l’Empoli. Pensando di poter imporre il proprio gioco contro una squadra più fisica, agonisticamente superiore (come lo sono tutte quelle che giocano in Premier) e contro una rosa più completa.

Non lo ha fatto contro la Juventus, dopo aver imparato la lezione dello Stamford Bridge. Tre sberloni o ti mettono ko a lungo o ti danno la sveglia. Pioli, contro i bianconeri, ben sapendo che si sarebbero schierati molto compatti in attesa di colpire alle spalle di un Milan che solitamente gioca con tanti effettivi (anche 5 o 6 oltre la linea della palla), ha cambiato le sue pedine. E in tre mosse ha dato scacco matto a Max Allegri.

Non volendo snaturare il gioco di una squadra che lo ha premiato con uno scudetto ha mischiato le carte. La prima mossa: di fatto, si è inventato un 3421 che diventatava 433 in chiave difensiva. Non avendo Theo Hernandez al 100 per cento, Pioli lo ha messo in linea con gli altri di reparto in fase difensiva, ma sul ribaltamento dell’azione, non potendo forzare più di tanto a lanciarsi nelle sue galoppate, è diventato mediano costruttore di gioco assieme a Ismail Bennacer.

La seconda mossa è l’inserimento di Tommaso Pobega non come laterale, ma come centrocampista di contenimento in posizione più avanzata rispetto all’incontrista, nonché uomo ovunque, Sandro Tonali. In pratica, in mezzo al campo c’era una mini linea di difesa e una di costruzione.

Un centrocampo più dinamico e robusto rispetto a Londra che ha così permesso un peso piuma come Brahim Diaz, spostato sulla destra. La sua velocità ha spesso creato la superiorità e pericoli da cui dovevano guardarsi i difensori juventini che non potevano più di tanto raddoppiare su Rafael Leao.

Di fatto è tornato alle ultima partite dell’anno scorso, quando nella posizione di Pobega hanno giocato a turno Rade Krunic, ma soprattutto Frankie Kessie. Senza falsa modestia e senza avere le competenze specifiche di Pioli, anche il Bollettino solo pochi giorni fa aveva avanzato lipotesi di un centrocampista più fisico a sostegno della coppia Bennacer-Tonali. Pioli ne ha messi addirittura due.

Il Milan ha patito i primi 20 minuti della Juventus (che comunque parte sempre forte), ha dovuto assestarsi sul nuovo schema, ha concesso un paio di occasioni. Ma non ha appena ha rodato i meccanismi (e la Juve ha rallentato anche mentalmente come gli capita sovente in questo campionato), non c’è stata più partita. Se non in una occasione nel finale con Kean, dove Pierre Kalulu ha compiuto un miracolo in recupero.

Il Milan invece ha creato occasioni a raffica (due gol, due pali, due volte a tu per tu con il portiere). In 20 minuti, il MIlan si è scrollato di dosso le paure accumulate a Stamford Bridge e forte del nuovo assetto ha ripreso fiducia e ha trovato la determinazione che probabilmente aveva perso sorvolando la Manica.

Anche per merito della terza mossa di Pioli. Ha scelto di “coprirsi”, inserendo Matteo Gabbia accanto a Fikayo Tomori e spostando Kalulu slla fascia destra. Rinunciando a Sergino Dest: non tanto perché l’americano aveva deluso contro il Chelsea (lo avevano fatto tutti), ma perché più portato a un gioco offensivo. Invece, Kalulu si è preso cura di un avversario pericoloso come Kostic e grazie alla sua velocità ha potuto coprire più campo e proteggere al meglio le giocate d’attacco di Diaz. Tra l’altro Gabbia, pur meno forte della coppia di centrali titolari, ha la fisicità per opporsi a Vlahovic e ha sempre un rendimento soddisfacente, come ha dimostrato anche l’anno scorso.

In pratica, Pioli ha azzeccato tutte le mosse. E sarà interessante capire se le riproporrà con il Chelsea. Di sicuro, il Milan dei giovani (ma non più tanto giovani) come ha fatto anche la stagione scorsa, di fronte a uno snodo complicato ha saputo scioglierlo e trasformare a proprio vantaggio una situazione pericolosa: una nuova battuta d’arresto a tre giorni dal ritorno con i Blues li avrebbe messi in una condizione psicologica sfavorevole. Ora, invece, potranno cercare la rivincita trascinati da un pubblico che ancora una volta ha fatto sentire la sua voce. Quando Diaz ha superato in tromba Bonucci e di slancio Milik e scaravantato in porta, San Siro ha tremato nella fondamenta.