Ai tifosi milanisti non può non ricordare Arrigo Sacchi, di cui del resto si dice ammiratore e, in parte, anche seguace. A chi ha già una “certa”, non sarà sfuggito che alcune idee forti dal punto di vista tattico ricordano il calcio praticato dalle squadre di Nils Liedholm. Perché Marco Giampaolo è, in effetti, un misto dei due grandi allenatori rossoneri, a cui aggiunge ovviamente di suo, non fosse altro perché il calcio (guardate soltanto le nuove regole) si è evoluto.
Giampaolo è un allenatore che insegna calcio, come hanno fatto gli altri due. Lo è perché parte da una idea di gioco molto forte, molto precisa (i detrattori dicono che applica schemi in modo meccanico) e usa gli allenamenti perché i giocatori la assimilino il più possibile. Insegna calcio nel vero senso della parola, perché le lezioni che tiene a Coverciano, al corso allenatori, sono le più seguite. E’ un insegnante nel senso del pedagogo, perché i giocatori ne fanno un punto di riferimento e si affidano a lui perché capiscono che li può migliorare.
Anche come insegnante è una via di mezzo tra il lavoro ossessivo di Sacchi, ma il low profile di Liedholm. Si incazza solo quando è necessario, urla poco, cerca molto il dialogo e, soprattutto, spiega perché si devono fare certi movimenti e non altri.
I tifosi che non hanno avuto la fortuna di vedere una sua squadra dal vivo lo impareranno con tempo nel corso della stagione. Per il momento, anticipiamo solo alcuni concetti che – tra l’altro – si possono già intuire da quanto Giampaolo ha detto nella conferenza stampa della partita contro l’Udinese.
Il gruppo prima del giocatore. Giampaolo ha dato una lezione anche al Bollettino: dopo Cesena abbiamo scritto che avrebbero giocato Leao, Piatek e Paquetà, perché garantiscono più peso e qualità di Castillejo, Borini e Chalanoglu. Invece, se non ci fosse stato l’infortunio di Biglia, avrebbero giocato gli stessi dell’ultima amichevole. Perché per Giampaolo conta prima il gruppo e gli ultimi arrivati non hanno abbastanza allenamenti alla spalle per fare parte del gruppo. Perché far parte del gruppo, vuol dire sapersi muovere come un unico collettivo- Ha detto Giampaolo: “Giocano quelli che stanno meglio sul piano fisico e delle conoscenze collettive. Magari staranno fuori giocatori forti ma di cui oggi non conosco ancora la condizione. Bennacer non stava male quando è arrivato, ha lavorato a casa, domani può fare uno spezzone di partite, ci sarà modo di inserire tutti gli altri. Abbiamo la necessità di portare tutti nel nostro progetto”.
In altre parole: anche se dovesse arrivare un giocatore di peso o (più improbabile) un campione negli ultimi giorni di calciomercato, prima di partire titolare deve emettere nelle gambe allenamenti e entrare in sintonia con gli schemi e con il gruppo.
Prima il gioco del risultato. Pur consapevole, come ha detto anche in conferenza stampa che a un certo punto “contano i risultati”, Giampaolo vuole convincere e conquistare i tifosi attraverso il gioco. Non sarà facile e ci vorrà pazienza per digerire qualche delusione. Ma Giampaolo è abbastanza all’opposto di Max Allegri o di Fabio Capello (per citare altri due allenatori rossoneri vincenti), per i quali “giocare bene” ha poco significato e conta solo fare punti. Giampaolo ha un’altra filosofia: “Ho una visione, ho l’idea di dove bisogna arrivare e attraverso quali step. Ho bisogno di tempo per lavorare coi calciatori, un modello di gioco che portiamo avanti senza passi indietro anche di fronte alle difficoltà”.
Palla a noi, meno gol subiti. Chi ha visto le amichevoli estive, ha notato rispetto al Milan di Gennaro Gattuso un maggiore possesso palla (lo ha fatto anche con lo United), ma soprattutto, un possesso figlio di una precisa convinzione. “Se la palla ce l’abbaio noi, non ce l’hanno gli avversari e quindi si corrono meno rischi”. Quello che faceva anche Liedholm, che predicava un calcio molto “melinato”, fatto di lunghi fraseggi. Ma erano altri tempi. Quello di Giampaolo comporta una linea difensiva più alta rispetto agli ultimi due anni e molta mobilità nel rombo di centrocampo e due terzini che appoggiano costantemente. Per quello è stato scelto un difensore velocissimo come Duarte, perché giocare alti comporta la possibilità di lasciare spazi profondi al contropiede avversario in caso di palla persa e quando non si può ricorrere immediatamente al fallo tattico.
La via del compromesso. Data la filosofia di base a cui Giampaolo non verrà mai meno, il Bollettino si aspetta già a Udine le prime correzioni. Che Bennacer possa giocare se Calhanoglu non dovesse dare garanzia di regia efficace tutta la partita l’abbiamo già detto e anche l’ingresso di Kessie e Leao (o Silva) nella ripresa per contrastare la fisicità dell’Udinese se non dovesse sbloccarsi il risultato. Perché Giampaolo lo sa: partire bene sarebbe fondamentale per una squadra che tutti definiscono una incognita e molti la vedono più debole dell’anno scorso.