Milan: con la vendita di Icardi e Lautaro l’Inter si allontana (grazie a Leao e Paquetà)

Spiace dirlo e lo scriviamo con la morte nel cuore, ovviamente. Ma le ultime mosse di mercato, con la cessione di Mauro Icardi al Psg e il passaggio sempre più probabile di Lautaro Martinez al Barcellona aumenta il divario tra il Milan e l’Inter.

E come sarò possibile colmarlo? Ammettiamolo: sarà una ricorsa ancora lunga. Le sconfitte nei derby degli ultimi tre anni non arrivano per caso. Sono tre anni in cui il divario tecnico e sportivo con l’Inter si è allargato invece di richiudersi. L’Inter ha trovato una proprietà stabile (almeno fino a quando reggerà la politica cinese di investimenti in occidente). Ma soprattutto è in vantaggio nella costruzione di una società e di un progetto sportivo.

L’Inter è tornata stabilmente in Champions League. E’ uscita dalle sabbie mobili delle penalizzazioni per aver violato il fair play finanziario. Ha portato in panchina un allenatore contestabile finché si vuole ma sicuramente un leader, capace di dare un gioco e soprattutto un’anima alla squadra. Ci è arrivata perché ha saputo portare ad Appiano Gentile giocatori che ha saputo valorizzare e rivendere, con plusvalenza significative. Ha ceduto giocatori di belle speranze (come Cancelo), ma anche chi non ha dimostrato di gocare per il gruppo (Peresic).

E, ora, con il passaggio dei due attaccanti di maggior prestigio come Icardi (50 milioni più bonus) e Martinez (per una cifra ancora da valutare, visto che non crediamo possibile il Barca versi la clausola da 11 milioni), l’Inter ha un tesoretto con con potrebbe ampliare ancora di più il solco con il Milan. Non per nulla è in corsa con i due gioiellino del calcio italiano, Sandro Tonali ed Enrico Chiesa. nel caso formerebe l’ossatura della Nazionale per i prossimi anni. Con grande “rosicamente” del Bollettino che da sempre ritiene che un’ossatura di giocatori italiani sia fondamentale per vincere. O, comunque, il Bollettino la preferisce ad una armata di mercenari tutta straniera.

Ma non siamo qui per discutere su questo punto. La preoccupazione è un altra: il Milan – ancora una volta – il prossimo anno ripartirà da zero. Con l’arrivo di un nuovo tecnico, “herr professor” Ralf Rangnick e nuovi innesti, per lo più giovanissimi e provenineti da altri campionati.

L’unica possibilità per cominciare l’inseguimento all’Inter è non sbagliare nessuna delle due mosse. Come è avvenuto negli ultimi anni. Non solo si è rivelata sbagliata la scelta di Marco Giampaolo (per quanto averlo licenziato dopo solo sette giornate ha di fatto condizionato tutta la stagione). Ma non è stata nemmeno un successo la campagna acquisti degli ultimi due anni.

Di giovani da valorizzare ne sono emersi solo due: Theo Hernandez e Ismail Bannacer. A dirla tutta, soprattutto il primo, visto che il secondo sta giocando in un ruolo non suo (e se fosse vero che qualcuno è disposto a pagare la clausola da 50 milioni, non dovrebbro esserci dubbi su cosa fare). Sono invece stati un investimento sbagliato un lungo elenco di giocatori pagati cifre importanti: Kris Piatek (uscito di fatto alla pari), Rafael Leao (impresantabile) e Lucas Paquetà (oggetto misterioso). Tralasciando le scorie della “suntuosa” campagna acquisto dei duo Fassone-Mirabelli, tra giocatori fine carriera (Biglia e Kalinic), giocatori modesti (Rodriguez, Conti, Musacchio) e scommese mancate (Silva e Calhanoglu).

Per recupetare il tempo perduto nella rincorsa all’Inter bisognerà cambiare passo. E anche alla svelta. La scelta di azzerare tutto e ripartire da un “progetto” ambizioso potrebbe essere la scelta migliore per accorciare i tempi.

Rangnick al Milan, ecco perché Eliott non annuncia ancora il suo arrivo

Non c’è addetto ai lavori, giornalista che si occupi di calciomercato, esperto di cose rossonere che non sia convinto del nome del prossimo allenatore del Milan. Non c’è dubbio che per tutti il nome sia uno e uno solo: Ralf Rangnick.

Herr professor, il tecnico che ha portato il Lipsia da club di seconda o terza fascia in Champions League, è stato individuato per tre motivi, che qui decliniamo in ordine di importanza. Punto primo: perché sa lavorare con i giovani, facendoli crescere in maturità e valutazione economica. Punto secondo: perché il suo arrivo a Milanello farà parlare tutta l’Europa del calcio, in nome di un esperimento che non è detto che funzionerà ma che ha il suo fascino. Punto terzo: perchè è un creatore di gioco che potrebbe conquistare il cuore dei milanisti, abituati nei decenni ad allenatori che lascino il segno.

Troppo ottimista il Bollettino? Semplicemente cerchiamo, come sempre, di spiegare e raccontare quello che succede. Elliott ha sbagliato molto in questi primi due anni, ma prima di bocciare anche il terzo converrà aspettare gli eventi. Ma se tutti sono convinti dell’arrivo di Rangnick, perché allora più di un persona vicina al fondo continua a ripetere che le decisioni verranno prese solo alla fine della stagione? Ci sono ancora dei margini percé si faccia strada una soluzione B in caso di mancato accordo tra il Milan e il tecnico tedesco?

Non appare proprio. Elliott cerca, ovviamente, di tutelare i suoi interessi. C’è un contenzioso in corso con Zvone Boban che se ne è andato sbattemdo la porta perché – a suo dire – non era stato informato da Elliott (o da Gazidis) della ricerca di un nuovo allenatore. Anche con Paolo Maldini i rapporti non sono idilliaci: l’ex capitano ha fatto sapere di essere impegnato in una visita medica quando Gazidis ha fatto visita alla squadra, prima della sfida di Coppa Italia con a Juventus. Assenza diplomatica o preludio a un divorzio?

Elliott cerca anche di proteggere il lavoro di Stefano Pioli, che ha ancora la possibilità di conquistare un posto in Europa League, nonostante il calendario non proprio favorevole. L’allenatore emiliano ha rimesso le cose a posto dopo la falsa partenza di Marco Giampaolo, ma il Milan continua da avere un drammatico problema con il gol, nonostante l’arrivo di Zlatan Ibrahimovic. Ne prende pochi, ma non segna veramente mai.

Qualcuno ha lanciato l’idea che Rangnick arrivi il prima possibile, anticipando i tempi per ambientarsi a Milanello e nel calcio italiano. Ma con tutta probabilità non può liberarsi prima e Pioli va tutelato perché finisca nel migliore dei modi la stagione. Poi si ricomincerà per l’ennesima volta da capo.

Maldini verso il divorzio: Elliott non gli “perdona” la scelta di Giampaolo

Dopo Leonardo, Gennaro Gattuso e Zvone Boban, anche Paolo Maldini è arrivato il momento dell’addio. Le dichiarazioni dell’ex capitano rossonero all’agenzia Ansa, in cui ha accusato Ralf Rangnick di avergli mancato di “rispetto”, sono state di fatto il suo passo d’addio: Maldini si è mossa sulla stessa linea di Boban, pur avendo l’accortezza di non chiamare in causa direttamente la proprietà.

Mentre l’ex campione croato aveva attaccato direttamente l’ad Ivan Gazidis per non averlo ancora messo al corrente dei programmi della società e non avergli nemmeno indicato l’ammontare del budget per il mercato, Maldini se l’è presa con il tecnico tedesco, colpevole ai suoi occhi di comportarsi come se fosse già non solo l’allenatore del Milan ma anche il responsabile dell’area tecnica. Ruoli, al momento, ancora svolti da Stefano Pioli e dallo stesso Maldini.

Una sottigliezza che non è sfuggita agli osservatori più attenti, nonché alla proprietà. perché è del tutto evidente come non fosse Rangnick l’obiettivo ultimo delle dichiarazioni del cinque volte vincitore della Coppa dei Campioni. ma il fatto che la proprietà si sia mossa in anticipo per programma la prossima stagione senza concordarla con Maldini, così come non lo aveva fatto con Boban.

Anche dando per buono che non ci siano ancora contratti firmati con l’ex tecnico del Lipsia, è indubbio che Rangnick si stia già muovendo come se lo fosse. Come sottolineato – anche negli ultimi giorni – dai giornali tedeschi e spagnoli. Nel nostro piccolo, anche il Bollettino due giorni prima dell’uscita di Maldini aveva ormai individuato in Rangnick l’uomo su cui Elliott punta le sue carte per un progetto di livello “europeo”, incentrato su giovani di talento da far crescere e un gioco che sappia conquistare tifosi e critica.

A ben guardare anche Marco Giampaolo era stato scelto per le stesse caratteristiche: bravo a insegnare calcio e bravo a valorizzare i giovani. Ma il progetto Giampaolo è durato pochi mesi, “ricusato” dopo solo sette giornate di campionato. Ed è proprio la scelta dell’ex allenatore della Sampdoria che Elliott non ha potuto perdonare a Maldini: aver insistito su Giampaolo, ritenendolo l’unico adatto per il progetto sui giovani e aver insistito anche di fronte a qualche perplessità da parte della proprietà. E senza valutare anche eventuali alternative.

Un errore di cui si sono poi resi conto anche Boban e Maldini, ma la falsa partenza in campionato ha costretto il Milan a una corsa a inseguimento con il gruppo di testa. Pioli ha risistemato la squadra, ma la media punti non è progredita più di tanto. E comunque non sufficientemente per chiudere il divario per arrivare a giocarsi il quarto posto e l’accesso alla Champions. Obiettivo mancato lo scorso anno da Gattuso per un solo punto e con una squadra sulla carta inferiore.

Nella logica anglosassone degli affari, l’errore di Maldini non è costato solo un ritardo di dodici mesi nel progetto di rilancio del Milan, ma anche decine di milioni, dal mancato incasso di premi e diritti tv per le partite in Champions alla possibilità di spuntare migliori contratti con gli sponsor, per non parlare della spesa per avere due allenatori sotto contratto (che diventeranno tre nel caso dell’arrivo di Rangnick).

Nonostante questo, Elliott avrebbe anche tenuto Maldini nello staff dei dirigenti. Ma con un altro ruolo. Non solo di rappresentanza, ma anche come trait d’union tra società e i giocatori: sia della rosa, sia quelli da contattare e magari convincere per il trasferimento a Milanello. Non una bocciatura completa, ma un periodo dietro le quinte per imparare un ruolo e un mestiere dove non ci si improvvisa. Anche se sei stato uno dei più forti difensori al mondo di sempre.

Ma Maldini non sembra proprio aver accettato di farsi da parte. Le accuse a Rangnick sono state un modo per farlo sapere anche a Elliott.

Maldini contro Rangnick: Elliott decida da che parte stare e cosa sarà del Milan

Non c’è pace a Casa Milan: tra risultati sportivi che non arrivano, allenatori che cambiano ogni stagione e scontri a livello societario, il dopo Berlusconi si sta trasformando per i tifosi in una penitenza di cui non si vede la fine. In attesa di capire se il campionato potrà riprendere e come, l’attenzione in queste ore è rivolta alle dichiarazioni di Paolo Maldini, l’ultima bandiera rimasta dopo l’uscita di scena di Gennaro Gattuso, Leonardo e Zvone Boban (solo per limitarsi all’ultimo anno è mezzo di gestione diretta del fondo Elliott).

Maldini non ha digerito le continue esternazioni di Ralf Rangnick, il tecnico tedesco che ha portato il Lipsia in Coppa dei campioni. E ha attaccato duramente l’allenatore emergente che i dirigenti rossoneri hanno individuato come possibile profilo ideale per il progetto di un club di livello europeo, che sappia valorizzare i giovani sia dal punto di vista sportivo che economico. “Prima di imparare l’italiano – ha detto il cinque volte vincitore della Champions – Rangnick dovrebbe imparare il rispetto”.

Ma cosa ha scatenato l’ira dell’ex capitano della Nazionale? Di aver chiesto “un ruolo con pieni poteri gestionali sia dell’area sportiva che di quella tecnica” invadendo “le zone nelle quali lavorano dei professionisti con regolare contratto” e che “malgrado le tante difficoltà del momento, stanno cercando di finire la stagione in modo molto professionale, anteponendo il bene del Milan al proprio orgoglio professionale”. Un chiaro riferimento all’impegno di Stefano Pioli in questi mesi. E non solo al suo ruolo di responsabile dell’area tecnica.

In pratica, Maldini domanda a quel titolo Rangnick parli di quello che vorrebbe fare al Milan se nessuno lo hai mai investito di nessun ruolo e c’è al massimo una trattativa in corso? “Non avendo mai parlato con Rangnick – è il j’accuse del campione rossonero – non capisco su quali basi vertano le sue dichiarazioni, anche perché dalla proprietà non mi è mai stato detto nulla”.

Perché Maldini è sbottato in questo modo? Impossibile non aver notato lo stesso meccanismo che ha portato all’addio di Boban. L’ex campione croato aveva usato lo stesso concetto in una intervista sulla Gazzetta sostenendo che non era stato trattato con “rispetto” anche non era stato messo al corrente dell’amministratore delegato Ivan Gazidis del “budget” a disposizione per costruire la squadra nella prossima stagione.

Nel caso di Boban, il mancato rispetto era attribuito a Gazidis. Nel caso di Maldini, a non essere rispettoso è stato Rangnick. Ma in ogni caso, il problema è lo stesso: non c’è chiarezza nella gestione del Milan: non si sa chi sarà il prossimo allenatore, non si sa chi farà il mercato, non si conosce il progetto.

E’ vero che, in questo momento di post emergenza, non si sa cosa sarà del campionato, come verranno ricontrattati i diritti tv, come procederà il braccio di ferro con i giocatori per il taglio agli ingaggi. Tutto vero: ma la mancanza di chiarezza è anche sul ruolo di Rangnick: come può permettersi il tecnico tedesco di spiegare pubblicamente quale sarà il suo ruolo sentendosi già al posto di Maldini e Pioli se non è già convinto di avere in mano qualcosa di più di un semplice interessamento da parte del Milan?

Per quello che è stato possibile ricostruire, Elliott prenderà decisioni solo a fine campionato. Sia che si giochi sia che venga definitivamente sospeso. E per ora va avanti sia con Maldini che con Pioli. E Rangnick? Solo uno dei profili individuati, così come ci sarebbero altre possibili soluzioni. Come disse a suo tempo, Gazidis parlando alla squadra prima dell’ultima partita contro il Genoa, con il tedesco ci sono “contatti ma non contratti”.

Il problema, però, è un altro: una grande squadra deve avere le idee chiare. E pensare in grande. Le continue polemiche, vanno nella direzione opposta. E non possono convincere i tifosi della bontà del progetto di Elliott.

Rangnick: ecco perché non ci sono più dubbi che sia lui il prescelto

Caro vecchio Milan, dove eravamo rimasti? Esattamente da dove il Bollettino oggi ricomincia le sue pubblicazioni. Non sarà un caso se l’ultimo articolo prima della “lockdown” e il primo dopo la “riapertura” abbiamo in comune lo stesso personaggio: Ralf Rangnick, il tecnico tedesco che già a febbraio veniva dato come il possibile allenatore per la prossima stagione. Perché, esattamente come la vita di tutti, si è trattato di una sospensione ed è inevitabile tornare dal punto di partenza, sempre che le condizioni – nel frattempo – non siano cambiate.

“NON POSSO ESCLUDERE CHE ANDRO’ LI'”

Leggendo le parole di Rangnick, nella breve intervista rilasciata alla Bild (il quotidiano più letto in Germania) appare evidente come il fondo Elliott – prima del coronavirus – avesse decisamente puntato sul tecnico della Foresta Nera, la regione di cui è originario (come Jurgen Klopp). ma non era stato un semplice contato, ma una trattativa avviata, con tanto di procuratore in campo. Come sha rivelato alla Bild lo stesso Rangnick.

Queste le sue parole: “Dal Milan hanno chiesto se ci fosse la possibilità di collaborare. Di conseguenza ho informato la Red Bull e successivamente ci sono stati colloqui con il mio procuratore. Non posso escludere del tutto che andrò lì. Al momento però il club e il campionato hanno altri problemi. Non sono uno che ha difficoltà a immaginare che le cose possano funzionare. Certo, l’avventura mi piace, ma non deve essere una missione suicida. Senza voler essere presuntuoso, ma la cerchia dei club che mi possono interessare è abbastanza ristretta”.

CALCIOMERCATO, CAMBIANO I VALORI DEI GIOCATORI

Non sono difficile da interpretare. Il Milan è sicuramente uno dei pochi club che possono attirare Rangnick. Così come appare convinto che l’avventura in Italia si basi su un progetto “che possa funzionare”. E soprattutto non può “escludere” che la trattativa sia ancora in piedi. Però, c’è un ma: ci sono altri problemi da risolvere. In primis, cosa accadrà al campionato dopo la sosta forzata per la pandemia. Ma anche capire quali saranno i programmi di Elliott, visto che quanto è accaduto a livello sanitario avrà ripercussioni economiche profonde in tutto il mondo del calcio.

Il dubbio fondamentalmente è uno solo: la revisione al ribasso dei valori economici dell’industria del pallone, dagli ingaggi dei giocatori ai diritti tv, quanto inciderà sul valore della società Milan? E questo porterà a una accelerazione o a un rinvio della cessione del club?

LE RICHIESTE DEL MISTER TEDESCO

Sul tema torneremo nei prossimi giorni. Per ora, si può dire che dopo la defenestrazione di Zvone Boban e con Paolo Maldini che è stato assente a lungo anche per il periodo di convalescenza, per la prima volta sono stati Ivan Gazidis e gli uomini da lui scelti a prendere in mano anche la parte sportiva. Oltre al manager inglese, i più attivi in questo senso sono stati Geoffry Moncada, il talent scout arrivato dai francesi del Monaco e Almstadt, il data analyst. Sono loro che stanno tenendo sotto osservazione i giocatori che verranno proposti a Rangnick. O che dovranno valutare le richieste dell’allenatore tedesco.

In conclusione: il Milan, in questi due mesi, non si è occupato solo di portare avanti il progetto stadio, ma ha continuato – per quanto possibile – a lavorare per il nuovo progetto tecnico. E con il ritorno dei giocatori a Milanello, può cominciare a costruire la squadra. A partire proprio da chi sarà destinata a guidarla. Con un candidato ben preciso.

Ecco perché il Milan di Gazidis e Rangnick non sarà l’Atalanta o l’Udinese

Giustamente preoccupati per la situazione legata al coronavirus, anche i tifosi milanisti si sono interessati meno alle vicende rossonere. Lo ha fatto anche il Bollettino, silenzioso da qualche giorno. Ma la vita deve andare avanti e cercare di riprendere il suo corso normale. Parlare di calcio e del Milan fa parte di questa normalità.

E non si può che ripartire dal tema che ha tenuto banco negli ultimi giorni. La nuova rivoluzione in casa rossonera, guidata dall’amministratore delegato Ivan Gazidis, potrebbe affidare tutta la direzione tecnica del club al tedesco Rolf Rangnick, ex allenatore di Schalcke 04, Hoffenheim e Lipsia. Non è ancora ufficiale, ma è una solida possibilità.

Molto tifosi sono inviperiti perché cosi’ facendo viene bocciato il lavoro di due bandiere, Paolo Maldini e Zvone Boban. I quali, invece, dopo aver commesso l’errore di scegliere Marco Giampaolo, hanno saputo rimediare, dando un’anima e un gioco alla squadra, puntando su Stefano Pioli e su un gruppettino di giovani. Ora, con l’arrivo di un nuovo responsabile dell’area tecnica si corre i rischio di ricominciare da capo.

BOBAN E MALDINI SI SONO SENTITI SOTTO ACCUSA

In ultimo, molti tifosi temono che il Milan non torni più a essere protagonista in Europa perché leggono che Gazidis ha posto un tetto agli ingaggi (non più di 2 milioni a giocatore), mentre Rangnick non vorrebbe calciatori con piu’ di 24 anni. E accusano Gazidis e il suo nuovo scudiero di voler trasformare il Milan in una nuova Udinese o, al massimo, in una Atalanta.

Il Bollettino non e’ d’accordo. Diciamo subito una cosa: il Milan rimane il Milan, anche in una stagione in cui combatte solo per un posto in Europa League, ci sono 50mila persone che affollano San Siro per ogni partita casalinga. Ci sono milioni di tifosi in tutto il mondo che si ritrovano per vedere le partite in diretta. Il Milan fa e farà sempre parlare: non e’ un caso che ora sia di proprietà di uno dei fondi più noti al mondo.

ELLIOTT RILANCERA’ IL MILAN PER GUADAGNARCI

E qui passiamo proprio al secondo punto. Elliott ha preso il Milan con un esborso attorno ai 320 milioni e ora e’ fuori di circa 450. Pensa di rivenderlo al doppio. Per arrivarci si sta impegnando nel progetto di un nuovo stadio che costerà più di 500 milioni, con un progetto edilizio che ne vale altrettanto. Diciamo che non sono numeri da Atalanta o da Udinese, con tutto il rispetto.

Passiamo alla parte sportiva. Perché Rangnick è un serio candidato alla panchina del Milan? Gazidis sta scommettendo su uno degli allenatori piu’ interessanti della Bundesliga. Della nuova scuola tedesca da cui e’ uscito anche Jurgen Klopp (i due sono entrambi originari della Foresta Nera). Nel suo curriculum ci sono un secondo e un terzo posto con il Lipsia, mentre ha portato l’Hoffenheim dalla terza divisione alla Bundesiliga e qui fino al settimo posto. Ha scoperto una serie di giovani campioni, da Mane’ ad Haaland. Ha sempre dato alle sue squadre un gioco molto organizzato e divertente. Per cui, chi pensa che sia uno sprovveduto o solo un allenatore per giovani sta sbagliando di grosso.

RANGNICK POTREBBE FALLIRE AL MILAN?

Potrebbe fallire al Milan? Potrebbe succedere se non saprà adattarsi al nostro calcio o se non gli verra’ dato tempo. Ma non crediamo: Gazidis sa che lo deve difendere e deve puntare su un progetto di almeno due stagioni. E questo è l’unico neo dell’allenatore tedesco: ha bisogno di tempo e Elliott non può avere il Milan un altro anno fuori dalla Champions. In ogni caso, gli scout sono già al lavoro per individuare i giocatori più adatti. Ci saranno molto cambiamenti ma non saranno al ribasso: si punta a far scendere in campo 11 Theo Hernandez, giovani di talento, con la “gamba” da calcio europeo, che possano anche essere valorizzati e ceduti la stagione successiva per consentire di alzare sempre di più l’asticella della qualità della rosa.

Ivan Gazidis sa che non puo’ sbagliare: sono quasi due anni che Elliott ha preso il Milan e non ha ancora molto tempo per riportare il Milan in Champions. E per farlo non puo’ costruire una squadra che ci arrivi una tantum. Sono tutte ragioni di un progetto ambizioso. Da Milan, insomma.

EDITORIALE L’Inter ha Zhang e Marotta che attaccano la Lega, il Milan non ha “veri” dirigenti

Non è stato elegante il modo in cui il presidente Steven Zhang ha attaccato il neo presidente della Lega Calcio Paolo Dal Pino. Non si risolvono i problemi dando a qualcuno del pagliaccio. Ci sono limiti che nella convivenza civile e nelle istituzioni non bisognerebbe mai superare. Ma non c’è dubbio che agli occhi dei tifosi, l’intervento del presidente dell’Inter è stato apprezzato. Perchè nel suo modo inurbano, il giovane Zhang ha reso evidente tutta la contrarietà nei confronti delle (non) decisioni della Lega. E per quanto Zhang si richiami innanzi tutto al bene più alto da tutelare (la salute dei cittadini), è evidente che l’Inter intende protestare per una scelta che di fatto ha favorito gli avversari per la lotta allo scudetto. Prima approvando e poi bocciando la proposta di disputare la gara contro la Juventus a porte chiuse. Quando tutta Europa si sta orientando proprio in questa direzione.

PARTITE RINVIATE PER IL CORONAVIRUS

Proteste reiterate, in modo ufficiale, da una lettera a firma dell’ad Beppe Marotta alla Lega. Si chiede di far recuperare prima la gara con la Sampdoria del 23 febbraio e poi quella con la Juventus, rinviate a causa dell’emergenza coronavirus. Come previsto dalle regole. In caso contrario verranno prese iniziative legali. Una protesta nella forma diversa da quella del presidente Zhang, ma nella sostanza del tutto allineata.

In altre parole, una società che si muove a difesa dei propri interessi e diritti.

MA BOBAN E MALDINI ACCOMPAGNANO ANCORA LA SQUADRA

Ben altro panorama si offre allo sguardo del tifoso del Milan. Il Milan deve disputare domani la sfida di Coppa Italia con la Juventus e potrebbe essere l’ultima da dirigenti di Zvone Boban e Paolo Maldini. O meglio: ci sono varie ipotesi possibili. Perchè non si è ancora capito chi potrebbe essere il dirigente accompagnatore della squadra dal prossimo turno di campionato. Boban verrà “licenziato” nei prossimi giorni o rimarrà da separato in casa fino a fine campionato. Rimarrà Maldini in attesa di capire se deciderà di collaborare con Ralf Rangnick. Arriverà un nuovo collaboratore per il tecnico tedesco.

UNA PROPRIETA’ CHE NON PARLA PER DIFENDERE IL MILAN

Una situazione paradossale che indebolisce il Milan. Tenendo conto che come amministratore delegato c’è un manager inglese, Ivan Gazidis, che non ha ancora imparato l’italiano, restio agli interventi in pubblico e a parlare in nome della società. E un presidente, Paolo Scaroni, che si occupa per lo più del progetto stadio ma che è stato delegato a rappresentare il club in Lega. Per non parlare di un proprietario che che si fa fatica a individuare: non è la famiglia Singer perchè gestisce i soldi dei sottoscrittori del fondo. Questo succede quando si organizza un club per valorizzarlo in vista della sua cessione nel giro di qualche anno e non per gestirlo a lungo.

RANGNICK DEVE RICONQUISTARE I TIFOSI

Elliott, con la vicenda Boban (e pur con gli errori di comunicazione del campione croato) è arrivato ai minimi termini nel rapporto con i tifosi. Se davvero, come dicono da Londra, non vogliono vendere a breve, hanno ora l’occasione per rimediare. La scelta di Rangnick, con un progetto di gioco e di gestione tecnica è il primo passo. L’incarico a dirigenti che rappresentino il club in tutte le sedi istituzionali dove è necessario far sentire la voce del club è quello successivo.

Altrimenti l’Inter e la Juventus saranno sempre più distanti. Ma anni luce….

Divorzio o licenziamento, ecco perche’ Boban e il Milan si devono separare

Il problema non e’ il come, ma il perche’. Cosi’ come, prosaicamente, non e’ il quando ma il quanto. In altre parole: il Milan e Zvone Boban non possono che separarsi e questo avverra’ solo trovando un accordo economico. Che siano gli avvocati o si debba ricorrere a un giudice del lavoro e’ un particolare a questo punto secondario.

Una cosa e’ certa: dopo l’intervista rilasciata dall’ex campione croato alla Gazzetta, la convivenza non e’ più possibile. Per entrambe le parti. Una squadra di calcio e’ pur sempre una azienda e lo e’ ancora di più in questi anni. Un dirigente non può uscire pubblicamente dicendo che non viene trattato con “rispetto” e che non conosce il “budget” a disposizione. Un responsabile dell’area tecnica non può dire non e’ stato contattato sulla scelta del prossimo allenatore. Quando avverrà? Impossibile da dire, ma di sicuro andare aventi non avrebbe senso.

ELLIOTT E BOBAN NON HANNO TROVATO L’ACCORDO

Se questo avviene, la conseguenza logica e’ che le due parti si separino. Se c’era la possibilita’ di trovare un accordo andata fatto prima. Se il problema e’ stato posto ad Elliott e Boban non ha trovato risposta e’ chiaro che ha buoni motivi per andarsene trovando un accordo economico. Forse, questo e’ avvenuto e non trovando in accordo a Boban, sentiti anche i suoi legali, non ha potuto che uscire pubblicamente raccontando la sua verita’. Cosi’ come Elliott potrebbe raccontare la sua, sostenendo che l’ad Ivan Gazidis e’ intervenuto esercitando i suoi poteri (non per nulla la sua carica e’ quella dell’amministratore delegato).

BOBAN HA RAFFORZATO GAZIDIS CON ELLIOTT

Da Londra non lo ammetteranno mai, ma Gazidis avrebbe potuto intervenire anche prima e fare in modo che i panni venissero lavati all’interno di Casa Milan. Ma dopo l’uscita di Boban, anche se ci fossero critiche ora rimarranno inespresse ed Elliott non potra’ che rafforzare la posizione di Gazidis.

Da qualunque punto di vista lo si guardi, la vicenda si e’ dipanata male e sta finendo peggio. Il Milan non riesce a trovare una sua strada, ma questo sostanzialmente e’ frutto degli avvenimenti recenti: un ex proprietario (Berlusconi) che ha venduto a un prezzo fuori mercato che ha messo in crisi l’acquirente (cinese e non proprio liquido), un fondo di investimento che non vuole gestire un club a lungo ma solo per qualche anno per vendere guadagnadoci.

TUTTA COLPA DI BERLUSCONI

E’ chiaro che se vendera’ bene sara’ perche’ il Milan sara’ tornato competitivo. Ma non e’ facile. Con il poco che incassano le societa’ italiane dai diritti tv e con le regole del fair play finanziario, trovare un equilibrio tra risultati sportivi e quelli economici e’ un bel rompicapo. Bisognerebbe trovare ogni anno un paio di giovani presi a poco che diventano campioni, per trovare le risorse per crescere. Gazidis ora si affida nel talento di herr Rangnick nello scovare i giocatori giusti. Oltre che a dare un gioco nuovo al Milan.

LA JUVENTUS STA PAGANDO L’OSSESSIONE CHAMPIONS

La Juventus c’e’ riuscita per qualche anno, ma appena vincere (la Champions) e’ diventata una ossessione ha fatto il passo eccessivo con Ronaldo (50 milioni di rosso nel primo semestre dell’anno).

In conclusione: la confusione e’ ancora grande sotto il cielo e non e’ detto che venga tutto per male. Ma non si dica che il Bollettino vuole giustificare Elliott o Gazidis. Cerchiamo, come sempre di raccontare.

Guerra “civile” al Milan: ecco come Gazidis si e’ imposto su Boban e Maldini

Tutta colpa del derby. La quarta rivoluzione in quattro anni al Milan arrivera’ per colpa del black out del secondo tempo contro l’Inter. Tre pallone buttai a caso in area hanno svelato la fragilita’ dei rossoneri, squadra in crescita ma ancora acerba. E hanno reso evidente a tutti la “guerra civile” in corso all’interno della societa’: uno scontro che vede contrapposta la visione di Ivan Gazidis a quella de duo Boban/Maldini.

Uno scontro che non nasce ovviamente con l’intervista rilasciata oggi da Zvone Boban alla Gazzetta. E nemmeno quella precedente di Gazidis. Ma si e’ gia’ consumata nelle scorse settimane e ha gia’ un vincitore. Una vittoria nel derby – con l’entusiasmo che ne sarebbe conseguentemente derivato – avrebbe lasciato ancora aperta le possibilita’ di una rimonta per un posto Champions. Difficile, ma raggiungibile, tenendo conto dello scontro diretto in casa con l’Atalanta. La sconfitta (e in quel modo) ha portato inevitabilmente alla resa dei conti.

Il duello, come detto, ha un vincitore. Il fondo Elliott si affida in tutto e per tutto a Ivan Gazidis. Il quale si e’ gia’ mosso per la prossima stagione: e’ lui che ha contattato Ralf Rangnick, l’allenatore tedesco alla base del successo del Lipsia. Un “visionario ossessivo”, che non a caso ha sempre detto di ammirare Arrigo Sacchi. Le indiscrezioni sul suo arrivo al Milan circolano ormai in tutta Europa, tanto e’ vero che ne sono sicuri due giornali di primo piano come Bild (tedesco) e L’Equipe (francese).

Il fatto che sia lui il prossimo tecnico spiega anche perche’ sia il manager inglese (sudafricano solo di nascita), a godere della fiducia della proprieta’. Di fatto, Gazidis si e’ imposto con un ragionamento molto concreto. A inizio anno, l’allenatore e’ stato scelto da Boban e Maldini; Giampaolo, avevano garantito, e’ l’ideale per far crescere i giovani, per dare un gioco che diverta i tifosi. Non ha funzionato. Poi si sono corretti in tempo e che il mix di giovani uniti a un campione maturo e a qualche giocatore di esperienza ha permesso di avere per la prima vlta dopo anni un Milan che gioca e fa divertire.

Tutto vero, ma il calcio e’ fatto anche di risultati. E il campo dice che anche quest’anno il Milan non andra’ in Champions. Anzi, sembra destinato a un risultato inferiore a quello ottenuto della stagione precedente. Per cui Gazidis si e’ presentato da Elliot con un piano molto semplice: finora ci siamo affidati a chi diceva di conoscere il calcio e il calcio italiano in particolare. Una scelta che non ha prodotto risultati, nonostante i soldi spesi. Quindi, e’ la conclusione di Gazidis, ora fidatevi del mio progetto.

Il progetto di cui stiamo parlando non piacera’ ai tifosi. In pratica, Gazidis portera’ in italia un po’ di cultura della Premier League: un manager dietro la scrivania, che parla e si sente poco sulla parte commerciale e finanziaria, e uno in campo che allena ma che e’ anche a capo dell’area tecnica. Due dirigenti che, inevitabilmente, arrivano a scontri anche duri per questione di budget, di giocatori da ingaggiare o da cedere per tenere i conti in ordine (come e’ avvenuto piu’ volte anche tra Gazidis e Arsene Wenger all’Arsenal). Ma questo non impedisce di poter collaborare lo stesso e anche a lungo.

Rangnick, come detto, viene scelto per la sua capacita’ di individuare giocatori di prospettiva. Perche’ ha sempre dato alle sue squadre un gioco riconoscibile, accattivamente, in qualche caso anche innovativo. A suo modo, e’ una idea di marketing sportivo. Va sempre ricordato che Elliott ha come progetto non la gestione di una squadra di calcio, ma la sua valorizzazione. Per vendere bene non basta avere il via libera per il progetto di un nuovo stadio, ma anche una rosa di qualita’ che arrivi in tempi rapidi in Champions. Gazidis e’ convinto che facendo come dice lui, si arrivera’ a questi risultati.

Non a caso, nella sua intervista alla Gazzetta Boban fa capire proprio tutto cio’. Dice che lui e Maldini non sono stati avvisati che veniva contattato Rangnick. E chiede un chiarimento con la societa’. Appare tardivo, ovviamente. Boban ha voluto difendere il suo lavoro, la scelta di Pioli che ha dato un’anima e un gioco al Milan, l’arrivo di Ibrahimovic (convinto da Boban e Maldini), il ritorno dei tifosi allo stadio.

Ora Gazidis dovra’ dimostrare quanto ha promesso. I tifosi gli rimproverano di non aver portato sponsor e di non aver ancora chiuso il rinnovo dell’accordo con Emirates. Di mettersi sempre di traverso sul mercato (“ancora oggi non conosciamo il budget e gli obiettivi della societa’”, ha detto Boban alla Gazzetta). Ora dovra’ convincere i tifosi che non si tratta dell’ennesima rifondazione sbagliata.

EDITORIALE Visto a lamentarsi degli arbitri? Dopo il danno anche la beffa: era rigore!

Avvertenza: qui non si parla di calcio. E nemmeno di arbitri. Ma di politica, in particolare dell’intervento dei vertici del Milan – sia in pubblico che nelle sedi istituzionali – in merito all’arbitraggio di sabato sera. Sia in campo, che al Var. Un intervento avvenuto, si potrebbe dire, a furor di popolo rossonero. Ma come volevasi dimostrare, protestare in questo modo non serve a nulla. Il peso di una società lo si vede in campo e poi nel non reagire platealmente. Ma in modo diplomatico e sottotraccia.

ARBITRI, UNA DIFESA CORPORATIVA

Perché un attacco plateale non può che portare alla difesa corporativa, come è giusto che sia. Non si può fare diversamente: la figura dell’arbitro è fondamentale, l’Aia deve difenderla senza se e senza ma. Senza arbitri non ci sarebbe la partita in nessuno sport. Le loro decisioni si possono anche criticare, ma si applicano. Punto.

MA SU PIATEK NON FU FISCHIATO

Se attaccati frontalmente rispondono. Infatti, il Milan dopo il danno delle decisioni contestate, ha subito anche la beffa di sentirsi dire che tutte le decisioni prese nella gara contro la Fiorentina erano corrette. Il fallo di mano era di Ibra perché si era procurato un vantaggio: ma quale, visto che per segnare ha dovuto fare un capolavoro in mezzo a quattro avversari di cui uno aveva anche riconquistato palla? Contro la Lazio, Cuadrado fa terra ha fermato (involontariamente?) il pallone con il braccio interrompendo un contropiede, ma la norma è stata interpretata al contrario. L’intervento su Cutrone era rigore perché il pallone sebbene toccato non ha cambiato significativamente direzione. Infatti, è uscito sul fondo: mentre un anno fa un intervento simile su Piatek non era stato considerato rigore dopo che la palla era rimasta nella disponibilità del polacco.

Visto? L’appiglio con il quale interpretare il regolamento si trova sempre.

LA VAR CHIAMATA DALLE PANCHINE

Diversa è la battaglia sui protocolli. O chiedere uniformità nei giudizi, sui falli di mano, così come la chiamata al Var. Ma il Bollettino su questo la pensa sempre allo stesso modo da tempo: bisogna introdurre la chiamata dalle panchina e avere un arbitro “terzo” che spiega la scelta definitiva dalla sala del monitor. Come avviene nell’Nba.